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27/05/2022 17:46
Mentre Regione e Comune confermano che non ci sono state, in base ai frequenti monitoraggi di Arpa e Ats, dispersioni di fibre di amianto, emergono nuovi e più circostanziati dettagli sulle contestazioni mosse dalla Procura di Pavia all’azienda che ha eseguito il secondo e più importante lotto di bonifica della Fibronit di Broni, concluso a fine 2020. Si tratta, per esempio, della rimozione delle condotte fognarie in cemento amianto nel sottosuolo dell’area: secondo i magistrati per riempire gli scavi sarebbe stata usata terra contaminata dall’amianto che avrebbe dovuto invece essere smaltita come rifiuto. In altre occasioni sarebbero stati ammucchiati temporaneamente all’esterno del sito rottami e parti di coperture o, ancora, sarebbero stati bruciati sul posto rifiuti e teli per gli imballaggi. Alcuni lavoratori sarebbero poi entrati con le proprie auto private nell’area. Tutte pratiche che avrebbero esposto gli operai alle pericolose fibre ma avrebbero potuto potenzialmente portarle all’esterno del perimetro del Sito di interesse nazionale. Gli indagati fanno tutti riferimento alla Unirecuperi Srl di Reggio Emilia, l’azienda che si era aggiudicata la gara per la bonifica della Fibronit e che ha concluso di recente anche di quelle di alcuni edifici nel centro storico di Broni, inseriti nel Sito di interesse nazionale come la palazzina ex Avis nei pressi dell’ex ospedale Arnaboldi e la vecchia scuola elementare Paolo Baffi. Cantieri, questi ultimi, a quanto si sa esclusi da questa indagine che vede 8 persone indagate per vari reati tra cui frode nelle pubbliche forniture e truffa ma anche inquinamento ambientale e omessa bonifica. Il sequestro dell’area - ha spiegato la Procura di Pavia - è stato disposto per verificare la presenza di sostanze tossiche. Secondo l’assessore regionale all’ambiente Raffaele Cattaneo però, non c’è alcun motivo di temere per la dispersione di fibre sul territorio. Ecco perchè.