Fotoservizio

      

Complesso Monumentale di Santa Croce
Bosco Marengo
8 luglio 2006

 

Spettacolo inaugurale
CANTIERE MUSICALE
Don Giovanni, grande selezione dall'opera di Wolfgang Amadeus Mozart
 

Don Giovanni
Emidio Guidotti
Leporello
Marco Sportelli
Elvira
Lara Matteini
Donna Anna
Sabrina Messina
Don Ottavio
Roberto De Biasio
Commendatore
Carlo Tallone
 

Orchestra Filarmonica del Piemonte

Direttore:
Aldo Salvagno


Core del Cantiere Musicale di Santa Croce
Maestro del Coro Gianmarco Bosio
 

Zerlina
Antonella Bertaggia
Allestimento, regia e narrazione di Marina Mariotti Masetto
Alessandro Busi

***

Fu Da Ponte a suggerire a Mozart il soggetto di Don Giovanni; scritto da Tirso de Molina nel 1630, rielaborato da Moliere nel 1665 e da Goldoni nel 1736. Il tema del "burlador de Siviglia" era popolarissimo in tutta Europa ed era da poco stato messo in musica da Giuseppe Gazzaniga su testo di Giovanni Bertati. Niente di più facile per Da Ponte che scoppiazzare, tanto che l'aria del catalogo passa quasi pari pari da Gazzaniga a Mozart, solo che ... cambia la musica e questo fa la differenza!!! Anche se nel Convitato di pietra (che è stato rappresentato al Teatro A.Cagnoni di Vigevano ed al Donizetti di Bergamo) l'ultima scena riserva la sopresa della grande aria di Donna Elvira che da al personaggio una grande occasione di sfoggiare la proprio tecnica.

 

 

Ma le hai lette  le critiche al mio Elisir di quel giornalista .....?

Lo sai cosa diceva il grande Eduardo "Lei lo ha mai visto un monumento ad un critico???
Ad un compositore magari ma ad un critico ??"

Quindi lasciamo che dicano!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La serata si è aperta con un dialogo a due tra il professore Michele Mirabella e Marina Mariotti sulla figura di Don Giovanni e sulla valenza di questo personaggio fantastico per il mondo contemporaneo, paragonandolo alla figura invece storicamente reale del veneziano Giacomo Casanova.

 

 

 

L'opera è stata diretta dal Maestro Aldo Salvagno che sarà presente in diverse produzioni nell'alessandrino come Barbiere di Siviglia, Don Pasquale e Boheme. Subito dopo sarà impegnato ad Adelaide in Australia con una produzione di Madama Butterfly, opera che ha già diretto più volte in diverse versioni.

Notte e giorno faticar,
Per chi nulla sa gradir

Non sperar, se non m'uccidi,
Ch'io ti lasci fuggir mai!
 

Donna folle! indarno gridi,
Chi son io tu non saprai!

 

Lasciala, indegno! Battiti meco!

 

 

Ah, l'assassino mel trucidò.
Quel sangue - quella piaga - quel volto, tinto e coperto del color di morte

 

 

Senti, cor mio, deh! senti;
Guardami un solo istante!
Ti parla il caro amante,
che vive sol per te.

 

 

Ah, chi mi dice mai
Quel barbaro dov'è,
Che per mio scorno amai,
Che mi mancò di fe?

 

 

 

 

Che titoli cruscanti! Manco male  che lo conosce bene!

 

 

Madamina, il catalogo è questo
Delle belle che amò il padron mio;
un catalogo egli è che ho fatt'io;
Osservate, leggete con me.

 

 

MASETTO:
Ho capito, signor sì!
Chino il capo e me ne vo.
Giacchè piace a voi così,
Altre repliche non fo.

 

 

Quel casinetto è mio: soli saremo
e là, gioiello mio, ci sposeremo....
Là ci darem la mano,
Là mi dirai di sì.

 

 

 

 

 

 

 

Fermati, scellerato! II ciel mi fece udir le tue perfidie.

 

 

DONNA ANNA: Don Ottavio, son morta!

 

 

DONNA ANNA:
Era già alquanto
avanzata la notte ....

Or sai chi l'onore
Rapire a me volse,

 

DON OTTAVIO: Dalla sua pace la mia dipende; Quel che a lei piace vita mi rende

 

DON GIOVANNI:
se trovi in piazza qualche ragazza....

 

 

DON GIOVANNI:
Odi ! Vedesti tu la cameriera di
Donna Elvira?

 

 

 

 

DONNA ELVIRA:
Ah taci, ingiusto core!
Non palpitarmi in seno!

 

Il primo playback della storia...

DON GIOVANNI canta:
Discendi, o gioia bella,
Vedrai che tu sei quella
Che adora l'alma mia
Pentito io sono già.

LEPORELLO mima

 

DON GIOVANNI: Deh, vieni alla finestra, o mio tesoro, Deh, vieni a consolar il pianto mio.

 

 

ZERLINA:Vedrai, carino, se sei buonino,

 

 

 

 

LEPORELLO  Perdon, perdono, signori miei! Quello io non sono - sbaglia costei! Viver lasciatemi per carità!

 

 

DON OTTAVIO:
Il mio tesoro intanto
Andate a consolar,
E del bel ciglio il pianto
Cercate di asciugar.
Ditele che i suoi torti
A cendicar io vado;
Che sol di stragi e morti
Nunzio vogl'io tornar.
 

 

 

 

 

DONNA ELVIRA: Mi tradì, quell'alma ingrata

 

 

LEPORELLO: Piano, piano, signore, ora ubbidisco. O statua gentilissima Del gran Commendatore...

 

 

 

 

DON GIOVANNI:
Già la mensa è preparata.
Voi suonate, amici cari!

 

 

 

 

 

DON GIOVANNI:
Lascia ch'io mangi,
E se ti piace,
mangia con me.

 

 

LEPORELLO
Ah, signor, per carità!
Non andate fuor di qua!
L'uom di sasso, l'uomo bianco,
Ah padrone! Io gelo, io manco

 

 

 

LA STATUA:
Pentiti, scellerato!

 

DON GIOVANNI:
No, vecchio infatuato!

 

LEPORELLO:
Venne un colosso... Ma se non posso... Tra fumo e fuoco... Badate un poco... L'uomo di sasso... Fermate il passo...  Giusto là sotto... Diede il gran botto...  Giusto là il diavolo - Sel'trangugiò.

 

LEPORELLO:
Ed io vado all'osteria
A trovar padron miglior.

DONNA ANNA:
Lascia, o caro, un anno ancora
Allo sfogo del mio cor.

ZERLINA:
Noi, Masetto, a casa andiamo!
A cenar in compagnia!

 

 

 

TUTTI:
Questo è il fin di chi fa mal;
E de' perfidi la morte
Alla vita è sempre ugual.

 

 

 

Ps: I Favolosi ravioli offerti nell'intervallo arrivavano dalla Osteria "Dell'Antica Lea"
di p.zza Genova 3 a Lerma (AL) cell. 335-6092648 - 340- 5210305 che crea le specialità Ravioli al tocco, Rabaton, Testaroli al pesto e Carni cotte nel testo di coccio.

 

 

 

 

 

 

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Realizzazione web di Mario Mainino

 

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Servizi fotografici di Fabio Borsani Casorezzo (MI) Realizzazione e progetto di Mario Mainino Vigevano (PV) Italia

Aggiornamento del 09/11/2006

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appunti di viaggio..
«L’ideale è quando si incontrano un buon compositore, che s’intende di teatro ed è in grado di dare un suo contributo, e un poeta intelligente, una vera araba fenice», aveva le idee chiare il giovane Mozart (25 anni) sul rapporto parole-musica quando, lavorando al Ratto del serraglio, scriveva così al padre Leopold.
 
Il Don Giovanni nasce per caso nel 1787, dopo che Mozart ebbe ottenuto un successo enorme al Teatro Reale di Praga con Le nozze di Figaro. Avendo intuito il cavallo vincente, il teatro gli commissionò subito un’altra opera.
Questo avvenne perché fino a settant’anni fa si viveva essenzialmente di opere contemporanee e quelle del passato quasi non si eseguivano: si obbediva ad una sorta di consumismo che obbligava l’autore di moda a sfornare ogni anno un certo numero di lavori nuovi. Non per nulla Giuseppe Verdi parlò dei suoi primi anni come degli “anni di galera”, perché era costretto a scrivere continuamente: la gente lo richiedeva e lui, per restare sul mercato, non poteva far altro che obbedire, facendosi ovviamente pagare bene ed arricchendosi.
Mozart chiese quindi al suo librettista preferito, Lorenzo Da Ponte, di scrivergli qualcosa. Da Ponte si ispirò al Burlador de Sevilla di Tirso de Molina dando al libretto il titolo di Don Giovanni – un dramma buffo. L’opera in effetti cerca di rimanere buffa, perché alcuni tratti sono sinceramente comici o presunti tali, ma la storia è tutt’altro che buffa: non si può neanche definire tragica. Forse è una via di mezzo, forse è cinica.
Sicuramente ci fa pensare.
Leporello, ad esempio, può apparire totalmente buffo, ma è anche disincantato, e a volte disgustato nei confronti del suo padrone. Leporello è il servitore e mantiene comunque quei tratti di goffaggine e di paura che don Giovanni non ha. Al contrario Don Giovanni è un eroe, magari in negativo ma rimane tale: è capace di sfidare il giudizio - anche soprannaturale - e non si pente del suo modo di vivere perché forse lo ritiene inevitabile. La sua attrazione verso il sesso femminile non si focalizza su una persona in particolare, ma verso tutte le donne.
 
Don Giovanni, andato in scena a Praga nel 1787, è l’unico titolo mozartiano per la scena ad avere goduto di un’ininterrotta fortuna, suscitando l’entusiasmo di Goethe come di Byron, di Kierkegaard, che pone quest’opera alla base di un capitolo significativo della sua riflessione etica e filosofica, di Rossini, come di Hoffmann, che scrisse un magnifico racconto d’omaggio, in cui immagina la visita dei personaggi nel suo palco. Il libretto di Lorenzo Da Ponte reca in sé, d’altra parte, anche l’impronta di Casanova, che fu amico dello scrittore veneto e che dialoga, in un certo senso, con la classica figura del libertino punito. Il seduttore è simbolo come l’autore dei Mémoires – secondo l’ormai classica lettura di Giovanni Macchia – dell’ancien régime che tramontava. Egli ha in sé anche i semi della potenza distruttrice e salvifica di eros, tema ricorrente della produzione mozartiana matura. La scomparsa di Don Giovanni lascia infatti i personaggi bloccati, come mostrava la fine intuizione di Joseph Losey al termine del suo film-opera e le loro azioni sono ineluttabilmente a lui riferite. Il sublime polistilismo del lavoro è sospeso tra dimensione buffa e tragedia (sempre Da Ponte evoca, parlando della redazione del plot, per cui aveva tratto ispirazione dal libretto di Giovanni Bertati per Il Convitato di pietra di Giuseppe Gazzaniga, una dimensione da Inferno dantesco) fino alla conclusione; tante perplessità essa suscitò soprattutto in ambito tedesco, dove illustri personalità, da Mahler ad Adorno, avrebbero voluto imporre il taglio dell’ultima scena. Oggi risalta nella sua necessità che spezza la morality play dell’ateista fulminato, tanto amata dai religiosi che ne fecero per secoli un loro cavallo di battaglia, a partire da uno dei più autorevoli prototipi, El burlador de Sevilla di Tirso de Molina, rinunciando alla "morale", a favore di un’accettazione del ritmo dell’esistenza nella sua complessità, in cui la favola perfetta si scioglie nel ritmo della "antichissima canzon" finale.


A me pare anche che in certe messe in scena ci si appropri di alcuni elementi del Don Giovanni reinterpretandoli indebitamente in chiave ultracontemporanea…

R. Può sicuramente accadere anche questo, soprattutto nel modo di intendere la regia tipico dei paesi di lingua sassone, come la Germania o la Svizzera tedesca. Qui si tende sempre a proporre un nuovo modo di intendere l’opera, con delle provocazioni che a volte proprio non gradisco, così come non gradisco l’eccessivo classicismo. Cercare significati altri in una certa opera è sempre giusto, bisogna però vedere come lo si fa, perché io credo nel rispetto dell’altro e nei limiti che l’altro può determinare alla mia libertà creativa. Ciò non toglie che alcune provocazioni, come ad esempio quelle di Carmelo Bene, siano state capaci di rompere degli schemi un po’ ingessati di fare teatro e di andare a teatro.



Riguarda la musica e la straordinaria capacità che aveva Mozart di trovare la giusta chiave musicale per i personaggi. Il Don Giovanni è zeppo di splendide arie, ma quella che vorrei ricordare ora sta nell’ultima scena del secondo atto, quando suonano i tromboni in contemporanea con l’entrata del Commendatore. Gli accordi di questi tromboni e la voce di basso profondo del personaggio, accompagnati dagli alti che creano delle volate in minore, danno l’idea di un mondo che si ribalta: la vicenda, che fino a quel momento era intrisa di sangue, di cibo e di liquidi umani, ora lascia spazio all’assoluto, all’eterno, al giudizio universale.
Il talento assoluto di Mozart nel tratteggiare la psicologia dei personaggi e la qualità dei diversi eventi non è presente solo nel don Giovanni, anche se qui ha raggiunto forse il suo massimo grado.
La scena appena descritta termina con don Giovanni che sprofonda negli inferi con un urlo diabolico, e all’epoca di Mozart veniva seguita da una sestetto giocoso degli altri protagonisti in cui in qualche modo veniva impartita la morale: se ti comporti così ecco a cosa vai incontro, ma ora che ci siamo liberati di don Giovanni possiamo tranquillamente continuare la nostra vita.
Nell’Ottocento questo finale veniva omesso.

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