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Teatro Coccia Novara
http://www.fondazioneteatrococcia.it
Carlo Coccia (14.4.1782 Napoli - 13.4.1873 Novara)


 

Stagione 2001/2002

FESTIVAL GUIDO CANTELLI
a cura dell’Associazione "Amici della Musica V. Cocito" di Novara


inizio concerti: ore 21.15

TEATRO DI PROSA
a cura del Teatro Stabile di Torino

Spettacoli in abbonamento
Turno A: ore 21.00
Turno B: ore 21.00
Turno C: ore 16.00

LE DONNE DEL TEATRO

a cura del Teatro Stabile di Torino


Spettacoli in abbonamento
inizio: ore 21.00

LA QUADRATURA DEL CIRCO
a cura del Teatro Stabile di Torino

Spettacoli in abbonamento
inizio: ore 21.00

DANZA OPERETTA MUSICAL
a cura dell’Associazione Culturale "Arteatro" di Novara

Spettacoli in abbonamento
Turno A: ore 21.00
Turno B: ore 16.00


Giovedì 15 novembre 2001
ORCHESTRA FILARMONICA DI MAGDEBURGO
direttore: Reinhard Seehafer
violoncellista: Emil Klein
musiche di M. Reger, P.I. Tschaikowsky e J. Brahms
Sabato 17 novembre 2001 - Turno A
Domenica 18 novembre 2001- Turno B

CARMEN
musiche di George Bizet e Marco Schiavoni – coreografie di Luigi Martelletta
con Raffaele Paganini e Angela Kouznetzova
Balletto di Roma
Venerdì 23 novembre 2001 – Turno A
Sabato 24 novembre 2001 – Turno B
Domenica 25 novembre 2001 – Turno C

DO YOU LIKE LAS VEGAS?
di Frank D. Gilroy - versione italiana e adattamento teatrale di Nino Marino
con Johnny Dorelli
regia di Patrick Rossi Gastaldi
Plexus T.
Martedì 27 novembre 2001
LA PICCOLA SINFONICA DI MILANO
direttore: Stefano Michelangelo Lucarelli
solisti: Silvio Moscatelli, Willi Burger
musiche di F. Schubert, G. Jacob, W.A. Mozart e B. Bartók
P.I.Tchaikowsky Meditazione per vl e archi
G.Jacob "Suite in five pieces" per armonica cromatica ed archi
(Caprice - Cradle song - Country dance - Threnody - Russian dance)
BIS
A:Piazzolla Oblivion (Armonica)
W.A.Mozart Serenato notturna per archi e timpani in re magg. KV239
(Marcia - Menuetto - Rondeau)
B.BArtok Danze popolari rumene per archi

Composto nel giugno del 1816, il Rondo in La Maggiore per violino e archi si colloca fra quelle opere strumentali schubertiane di luminosa, fluida semplicità, animate da una vena amabile e piacevolmente colloquiale - tutta viennese -sensibilmente vicina al gusto raffinato e colto proprio della cerchia di amici che, in quel periodo, andava formandosi attorno al giovane compositore. Il 1816 è un anno di transizione, cruciale per Schubert sia nelle vicende personali, sia sul fronte creativo; l'intensa attività compositiva si indirizza a generi differenti -musica sacra, corale, strumentale - e conduce ad esiti di fondamentale importanza, particolarmente significativi in ambito liederistico - con gli straordinari Goethe - Lieder e sinfonico - Quarta e Quinta sinfonia.
Opera di singolare nitore formale, il Rondò in La Maggiore guarda volentieri alla brillante scrittura del pezzo d'occasione, ma ne evita le sbavature di gusto, le scelte scontate o puramente esteriori. Se il modello stilistico risulta ancora vincolato all'esempio di Haydn e Mozart, la cifra stilistica schubertiana si mostra nella spontaneità delle linee musicali, nell'inconfondibile permanere di una vocazione cameristica che, nel gioco strumentale, individua gesti sonori efficaci, puntuali, emotivamente significativi: anche in questa pagina si nasconde un piccolo capolavoro schubertìano di grazia e misura, teneramente ispirato.
Compositore, didatta, divulgatore ed autore di importanti resti teorici, Gordon Jacob (1895 - 1984) ha lasciato una cospicua produzione musicale, in cui spiccano lavori orchestrali e cameristici, con particolare riguardo all'utilizzo di strumenti a fiato. Le sue opere sì caratterizzano per un abile artigiana lo compositivo, tipicamente britannico, ispirato a ideali di chiarezza, sintesi e immediatezza del discorso musicale. I suoi interessi sono rivolti essenzialmente al materiale musicale ed al suo utilizzo in relazione ai mezzi prescelti, lasciando un ruolo secondario all'individuazione di caratteri espressivi o suggestioni extra musicali.
La Serenata in Re Maggiore K 239, fu scritta a Salisburgo nel gennaio del 1776, probabilmente per circostanze d'occasione; Mozart ricopriva allora il ruolo di Konzertmeister presso la corte arcivescovile, ed è probabile che abbia dedicato l'opera, destinata alle celebrazioni per il nuovo anno, alla contessa Antonia Lodron, sorella dell'arcivescovo Colloredo. Incantevole omaggio allo stile galante, questa Serenata è opera piacevolmente orientata a scelte convenzionali, puntualmente reinventate da Mozart con spirito, arguzia ed estrosità nell'ambito di un'assoluta perfezione formale. La scoperta del canto popolare ebbe un foltissimo impatto sull'arte di Bela Bartók determinandone le fondamentali linee di sviluppo; lo studio e l'adozione dell'antica, arcaica modalità racchiusa nella tradizione nei canti dei contadini dell'Europa centro-orientale costituì, infatti, per il compositore ungherese uno straordinario mezzo di ricerca e speri menta/ione che avvicinò la propria esperienza alle tendenze più progressive della cultura musicale del tempo, orientata all'individuazione di nuovi linguaggi capaci di superare l'ormai angusto spazio armonico del sistema tonale, verso l'utilizzo libero e indipendente di tutti i dodici suoni della scala cromatica. Le celebri Danze popolari rumene - composte originariamente per pianoforte (1915) e rielaborate successivamente per orchestra - sono espressione della lucida, precisa scelta compositiva bartokiana sobria ed essenziale, finalizzata all'esaltazione della melodia originaria, quasi a coglierne la natura più profonda, la sconvolgente forza emotiva, l'eccezionale impulso ritmico.
[ di  STEFANIA AMISANO dalle note di sala]

LA PICCOLA SINFONICA DI MILANO ha presentato un programma lievemente modificato, in quanto il violinista Silvio Moscatelli era indisposto e ciò ha fatto saltare il primo pezzo in programma, per cui hanno iniziato con la "Serenata notturna KV 239 per archi e timpani" di W.A. Mozart, non per niente si citano i timpani nel titolo infatti hanno un ruolo importante in questo lavoro sottolineando alcuni passaggi con gli archi pizzicati. Sembra quasi una piccola sinfonia in tre tempi, a mio parere molto più gradevole della più celebre serenata notturna. Mi è sembrato di cogliere subito un modo di suonare insieme più preciso della Sinfonica di Magdeburgo, o come avevano allora suonato nel secondo brano del concerto inaugurale. Forse la formazione più ridotta o il fatto di essere soli archi e probabilmente di suonare insieme in questo organico li faceva essere più uniti nella esecuzione. Dopo Mozart è stata la volta di Gordon Jacob e di Willi Burger, un simpatico signore di buona età, che ha subito dato fiato alla sua armonica cromatica (una armonica a bocca con un piccola aggiunta di un tasto per il controllo del suono) lanciandosi nella "Suite of five pieces" dove si alternano momenti languidi e nostalgici a passaggi ritmici. La sua esecuzione ha strappato molti applausi al pubbblico in sala e lo ha convinto ad offrire come bis una pirotecnica esecuzione del "Volo del calabrone" di Korsakoff. Nella seconda parte il primo violino Gigino Maestri ha eseguito molto bene un brano quasi sconosciuto di P.J.Tchaikowskj quella "Meditazione" per violino che originariamente doveva essere il secondo movimento del famoso concerto op.35. In chiusura, con il maestro Stefano Michelangelo Lucarelli, segnato dalla foga nella direzione, è stata esguita la raccolta di "Danze popolari rumene per archi" che Bela Bartok ha immortalato trascrivendole in questa versione dopo averle raccolte "sul campo" con i primi registratori a filo, dalle voci dei contadini. Insomma un programma ed una esecuzione veramente accattivante, tanto che ha dovuto concedere ancora altri due bis, con la ripetizione di una danza rumena prima e con "Oblivion" di Astor Piazzolla, richiamando Willi Burger con la sua armonica per il commiato con il pubblico novarese entusiasta.
Valeva la pena di registrarlo se avessi avuto un apparecchio decente. Mario Mainino

Venerdì 30 novembre 2001
CLEOPATRA
da Antonio e Cleopatra di William Shakespeare
con Anna Bonaiuto
regia di Gianfranco Fiore
Teatro Stabile di Firenze
Lunedì 3 dicembre 2001 – ore 21.00
IxBE
regia e coreografia di Jérôme Thomas
con Simone Anxolabéhère
Production Larc/Scene National du Creusot/Armo
Compagnie Jérôme Thomas

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Presenza tra le più significative e versatili della nuova concezione delle arti circensi, Jérôme Thomas – giocoliere, regista, coreografo, ma soprattutto, come egli stesso si definisce, "manipolatore di oggetti sull’onda di ciò che sono stati Chaplin, Buster Keaton, W. C. Fields e i Fratelli Marx, che creavano le loro gags grazie al dono che possedevano di sviare gli oggetti dalla loro funzione primaria" – debutta con il circo e il cabaret, per poi orientarsi, grazie all’incontro con la musica e con il jazz in particolare, verso la pratica dell’improvvisazione. Nascono così i suoi primi spettacoli, e tra questi, nel 1990, Extraballe, dal quale oggi discende, non riproposto ma reinventato, IxBE: un piccolo marinaio che fa volare le sue sfere e danza con la luce, un cielo blu, la magia del teatro, la poesia della musica. A interpretare questa aerea e suggestiva performance non sarà più, però, lo stesso Thomas, ma un suo giovane allievo, Simon Anxolabéhère, che sin dall’età di sette anni ha iniziato ad apprendere l’arte del giocoliere presso la scuola circense di Annie Fratellini, per poi formarsi come attore al Conservatoire del Théâtre de Châtillon e accostarsi al mimo, alla danza, all’acrobazia, frequentando tra l’altro i corsi di Jacques Lecoq. A lui il compito, dice Thomas, "di svelare come un’opera possa rivivere, essere reinventata, reinterpretata; di far esistere, per l’arte dei giocolieri, il concetto di "autore", al pari di quanto avviene in teatro per un testo che si nutre di ogni nuova intepretazione, che da ciascun allestimento trae nuova luce".

Mercoledì 5 dicembre 2001
ORCHESTRA GUIDO CANTELLI

direttore: Alberto Veronesi
oboe: Francesco Quaranta
musiche di W.A. Mozart e L. van Beethoven
Venerdì 7 dicembre 2001 – FUORI ABBONAMENTO – ore 21.00
Sabato 8 dicembre 2001 - Turno A
Domenica 9 dicembre 2001 - Turno B

VIVA L’ITALIA!
testi di Alvaro Testa - coreografie di Luigi Sironi - scene e costumi di Angelo Poli
musiche originali di Capitale Paky
con I Legnanesi
I Legnanesi
Mercoledì 12 dicembre 2001 – ore 21.00
LE GRAIN

con Philippe Ménard (giocoliere)
e Guillame Hazebrouck (musicista)
regia di Vincent Lorimy
Compagnie Non Nova/Armo
Compagnie Jérôme Thomas

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Philippe Ménard, giocoliere impareggiabile, già membro della troupe di Jérôme Thomas cui deve in gran parte la propria formazione, crea nel 1996, insieme al musicista Guillaume Hazebrouck, la Compagnia Non Nova ("niente di nuovo sotto il sole: giocolieri, clown, un po’ di jazz, qualche vecchia luna – ma è solo invecchiando che l’arte ringiovanisce"), che debutta nel 1997 con uno spettacolo dal titolo Non nova, Sed nove ("non inventiamo niente – solo, vediamo le cose in modo diverso"), incentrato sulla contiguità profonda tra l’arte del giocoliere e quella del musicista. Nel 1998 nasce Le grain, primo capitolo di una trilogia dedicata alla figura dell’augusto, che si ispira al cinema muto (Charlie Chaplin, Buster Keaton…) e racconta le disavventure di due artisti di cabaret: ecco dunque Ménard nei panni di Popox, l’augusto, zimbello attonito e inconsapevole delle angherie cui è sottoposto, e Hazebrouck come clown bianco, pianista e suonatore di trombone, che gli fa da contraltare, corpulento quanto l’altro è gracile, terreno quanto l’altro è lunare. Ma perché Le grain? Scrive Ménard: "Il numero. All’inizio tutto va bene: un giocoliere fa il suo esercizio: perfetto! Fin qui tutto normale. Un musicista lo accompagna. Benissimo, la storia è ancora semplice, bella e fluida. Si dipana armoniosa finché non sopravviene il granello di sabbia che si insinua in questo meccanismo ben oliato, e allora ecco che l’edificio rischia di andare in pezzi, di crollare. Potrebbe essere l’inizio di una storia infernale…".

Sabato 15 dicembre 2001 - Turno A
Domenica 16 dicembre 2001 - Turno B

LO SCHIACCIANOCI
musiche di P.I. Tschaikowsky – coreografia di Fredy Franzutti
Balletto del Sud

Uno spettacolo classico per il periodo prenatalizio al quale andare insieme ai propri figli era  il famoso balletto di P.I.Cajkovsky "Lo schiaccianoci".  La coreografia è di Fredy Franzutti giudicato dalla critica "astro nascente tra i giovani coreografi italiani", con il Balletto del Sud da lui fondato ne ha direzionato l'interpretazione verso un pubblico più adulto. Con la sua compagine ha ottenuto larghi consensi ed è attualmente considerata una prestigiosa realtà della danza nel meridione. Il balletto è uno dei capolavori di Cajkovskij, sarebbe la storia di un bimba che sogna avventure fantastiche con il suo principe schiaccianoci nella notte di Natale. Il lavoro è pervaso da melodie una più bella dell'altra con colorite danze caratteristiche, pezzi di insieme e passi a due. La coreografia di Fredy Franzutti fa leva sulla atleticità dei danzatori e sulla tecnica ferratissima del gruppo di ottimi danzatori che compongono la giovane compagnia. Lo spettacolo molto essenziale, perde il fascino della fiaba, per penetrare sul piano psicologico i turbamenti di una adolescente che si appresta a divenire donna. Il mago Drossmaier la lascia in preda ai suoi incubi più che distoglierla o soccorrerla, e le affianca un principe schiaccianoci che non la difende per nulla.
I sorci, quasi romani prestanti gladiatori, la insidiano come in un coinvolgimento sessuale, comportamento non estraeo allo stesso Drossmaier. Le danze caratteristiche sono eseguite per il pubblico in sala senza la protagonista come spettattrice. La danza dei fiocchi di neve sembra tratta da Apollon musagete piuttosto che da Schiaccianoci.
Le ridotte dimensioni della compagnia, senza assolutamente comparse, fa si che ogni elemento abbia uno spazio per mettere in luce le proprie qualità. Protagonista la danzatrice Ludovica Ferrigni accanto a Sergei Savoschenko, molto classico, ma anche poco vitale rispetto al Drossmaier di Arturo Morelli, quasi onnipresente, c'è anche nella danza araba. Una lettura particolare ma viva, moderna e tecnicamente ineccepibile anche se per "i grandi". Mario Mainino

 

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Il Sogno di Clara, la battaglia dei topi, il viaggio fantastico, vengono narrate nella favola natalizia di Cajkovskij ideata sul racconto di Hoffman. Lo spettacolo di Franzutti coniuga le testimonianze sopravvissute della messa in scena originaria di Petipa - Ivanov (primi coreografi de Lo Schiaccianoci) ad un impianto drammaturgico nuovo.I bellissimi temi musicali, che si animano con le scene di festa sotto l'albero di Natale, fanno del balletto un titolo particolarmente amato dal pubblico, anche da quello molto giovane, per il suo richiamo alle calde atmosfere familiari natalizie. Il walzer dei fiocchi di neve, il divertissement finale con le danze dei diversi paesi del mondo, con i loro coloratissimi costumi affascinano la platea più vasta. Rimane originale il gran pas de deux del secondo atto, quando Clara danza col suo principe Schiaccianoci, momento di interpretazione e virtuosismo classico.

Il Balletto del Sud, compagnia di balletto fondata dal coreografo Fredy Franzutti, "astro nascente tra i giovani coreografi italiani" (Michele Nocera, Tuttodanza Autunno 1999), ha ottenuto così larghi consensi da essere attualmente considerata: "una delle più prestigiose realtà della danza nel meridione" ( Tuttodanza estate 98) e "compagnia grintosa e decisamente superiore alla media delle altre compagnie giovani del nostro paese" (Vittoria Ottolenghi, Balletto Oggi n. 119). Riconosciuta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, presenta un organico composto da 14 -18 danzatori di elevato livello professionale.

Tra le produzioni ricordiamo "Lo Schiaccianoci", "Romeo- e Giultetta", "II Lago dei Cigni" realizzate in collaborazione con l'Amministrazione Provinciale di Lecce ed eseguite dall'Orchestra Sinfonica della Provincia; il "Martirio di San Sebastiano" con l'attore Giorgio Albertazzi, il Galà "Miti in Scena!!" con la regia di Pierluigi Pizzi; creato- per l'inaugurazione del Teatro Romano di Lecce restaurato dalla Fondazione Memmo, spettacolo definito dalla stampa regionale "l'evento più importante del 1999". Nelle stagioni '99 e 2000, la compagnia interpreta le danze di numerose opere - su invito -della direttrice artistica Katia Ricciarelli (Adriana Lecouvreur, La Traviata, I due Foscari, L'Elisir d'Amore) collaborando con Flavio Trevisan, Richard Bonynge e Renato Bruson.

Il Balletto del Sud è stato ospite, tra l'altro, della rassegna "Balletto 2000" della fondazione "Umbria Spettacolo", del festival dei "Laghi di Omega", dei programmi del Teatro dei Rinnovati di Siena e degli "Amici della Musica" di Taranto, e sarà nel programma del Teatro Ponchielli (Cremona), del teatro La Gran Guardia di Livorno, del Festival "Sacrali danza" nel Ticino, del festival di danza di Riccione e del Festival d’opera di Bellinzona (Svizzera).

Le rappresentazioni sono spesso impreziosite dalla partecipazione di artisti ospiti come gli attori Ugo Pagliai, Paola Pitagora e Cosimo Cinieri, il pianista Francesco Libetta e i danzatori Diliana Nikiforova, Sibell Surel, Natasha Offman, Xiomara Reyes, Sophie Sarrote, Carlotta Zamparo, Sabrina Brazzo, Grazia Galante, Alessandro Molin, Marco Pierin.

Martedì 18 dicembre 2001
STUTTGARTER
PHILHARMONIKER

direttore: Jörg-Peter Weigle
pianista: Paolo Restani

Anton Dvorak Sinfonia n° 8 in mi min.

Adagio, allegro molto - Largo - Scherzo - Molto vivace

Peter Ilic Tschaikowsky Concerto n.1 per pianoforte ed orchestra - op.23 in si bem. Magg

Allegro con spirito - Andantino semplice - Allegro con fuoco

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Stuttgarter Philharmoniker L’ensemble fu costituito nel settembre del 1924. La rapida ascesa artistica consentì ben presto l'ingaggio di grandi direttori e solisti, quali Leo Blech, Flesch, Knappertsbusch, Abendroth, Kreisler, Schuricht o Weingartner, prima della scissione dell'orchestra nel 1933. Nel dopoguerra, i membri dell'ex orchestra regionale si riunirono nuovamente mantenendo il nome di Stuttgarter Philharmoniker. Willem van Hoogstraten, Hans Hörner, Antonio de Almeida e Alexander Paulmüller ne furono dirigenti stabili dal 1949 al 1972. Con Hans Zanotelli, direttore artistico dal 1972 al 1985, i Philharmoniker acquisirono notorietà, evidenziando grandi capacità. Fu così che nel 1976 Stoccarda, la città capoluogo del Baden - Württemberg, ne fece la sua orchestra. Con Wolf-Dieter Hauschild, direttore stabile dal 1985 al 1991, i Philharmoniker hanno incontrato grande riscontro sia sul territorio nazionale, sia all' estero. Dal 1991 al 1995 Carlos Kalmar ha proseguito la tradizione avviata dai suoi predecessori. Dal settembre del 1995 presiede l' orchestra in qualità di direttore stabile Jörg-Peter Weigle, mentre le attività di management e amministrazione sono affidate alla responsabilità di Hannes Schmidt, dal settembre del 1992. Oltre a molteplici impegni in numerosi circoli concertistici nella città natale, l'orchestra si esibisce regolarmente in molte città della Germania sudoccidentale ed effettua ogni anno tournées in Germania e all'estero: nel 1987 e nel 1997 ha tenuto una serie di concerti negli Stati Uniti, nel 1988 e 1992 è stata la volta del Giappone, nel 1998 i Philharmoniker hanno visitato le grandi città dell' Argentina, del Brasile e dell'Uruguay, mentre i paesi europei sono regolare meta dei loro concerti. L'attività artistica dell’orchestra è ampiamente documentata da dischi, CD e registrazioni radiofoniche. Sotto la direzione di Jörg-Peter Weigle è stata inoltre curata la registrazione del Requiem di Mozart unitamente a canti sacri dei monaci tibetani. Al momento sono disponibili sul mercato numerosi CD della prima registrazione dell'opera sinfonica del compositore svizzero tardo-romantico Hans Huber (1852- 1921).

Jörg-Peter Weigle Nato a Greifswald nel 1953, Jorg-Peter Weigle ha effettuato i suoi primi studi musicali alI' età di sette anni. Dal 1963 al 1971 è stato membro del coro della chiesa di San Tommaso di Lipsia, e negli ultimi due anni con funzioni anche di vice-direttore. Dal 1973 al 1978 ha studiato alI' Accademia Musicale "Hanns Eisler" di Berlino con il Prof. Horst Förster (direzione), Dietrich Knothe (direzione di coro) e la Prof. Ruth Zechlin (contrappunto). Jörg-Peter Weigle ha quindi completato la sua formazione mediante la partecipazione al Seminario Musicale di Weimar nel 1976 con Kurt Masur, e al Corso Internazionale per Maestri a Vienna nel 1978. Dal 1977 al 1980 ha svolto le funzioni di direttore dell'Orchestra Sinfonica Statale di Neubrandenburg; dal 1980 al 1988 ha diretto il Coro Radiofonico di Lipsia (dal 1985 in veste di direttore stabile). Nella stagione 1986/87 Jörg-Peter Weigle è stato nominato direttore stabile della Dresdner Philharmonie. Le tournées di concerti lo hanno visto esibirsi, tra l'altro, in Spagna, Bulgaria, Jugoslavia, Sudamerica, Austria, Francia, Italia e Giappone. Ha inoltre diretto orchestre sul territorio nazionale e all'estero, tra cui ricordiamo, solo per citarne alcune, le Orchestre Sinfoniche della Radio Bavarese, della Germania Centrale e Settentrionale, la Sachsische Staatskapelle di Dresda, i Bamberger Symphoniker, la Staatskapelle di Berlino e la Swedish Radio Symphony Orchestra di Stoccolma. Nel settembre del 1991 Jörg-Peter Weigle si è occupato del nuovo allestimento di "Antigone" di Georg Katzer, per la regia di Harry Kupfer, all'Opera Comica di Berlino. Nelle stagioni seguenti ha quindi diretto le riedizioni de "I raccondi di Hoffmann" e "Carmen". Nel 1993 è stata affidata alla direzione di Jörg-Peter Weigle la rielaborazione musicale dell' Oratorio "Belsazar" di Georg Friedrich Handel per l' allestimento di Harry Kupfer alla Semperoper di Dresda. Con l'avvio della stagione 95/96 Jörg-Peter Weigle si è insediato in qualità di direttore stabile e direttore artistico dell' orchestra "Stuttgarter Philharmoniker". Il contratto è stato rinnovato per altri cinque anni fino al 2005. Il suo impegno fecondo e ispirante e il successo ottenuto è comprovato da anni di critiche entusiasmanti. Finora l' orchestra ha tenuto tournées, tra le altre, nel Nord d' America nel 1997 e in Sudamerica nel maggio del 1998, nonchè in Francia nel dicembre del 1998. Assieme alla Stuttgarter Philharmoniker, Jörg-Peter Weigle sta curando la produzione dell ' opera sinfonica omnia di Hans Huber, che si concluderà con la pubblicazione di tutte le otto sinfonie in occasione del 150° anniversario della nascita del compositore. Un altro progetto di cui Weigle si sta occupando con la Radio-Philharmonie di Hannover di NDR è l'incisione delle sinfonie di Felix Draeseke. Al suo attivo si annoverano, tra le altre, ulteriori registrazioni per le etichette Philips (Arie e Ensemble tratte dalle opere di Mozart), Berlin Classics e Capriccio (Variazioni di Mozart e "Böcklin Suite" di Max Reger).

Paolo Restani Ha studiato pianoforte con Vincenzo Vitale, Gerhard Oppitz e Peter Lang. È stato allievo per la composizione di Bruno Bettinelli. Costantemente ospite delle maggiori istituzioni concertistiche internazionali, è anche presente nei principali festivals europei.  Tra i concerti (recital con orchestra) delle più recenti stagioni sono da segnalare: Vienna (Grosse Musikverein Saal), Monaco ( (Prinzregenten Theater), Teatro alla Scala di Milano, Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma (dove, fra l'altro, ha debuttato sedicenne nel 1984), Londra, Bruxelles, Francoforte, Mainz (Rheingoldhalle per il ciclo MeisterKonzerte), Innsbruck, Santiago del Cile, La Fenice di Venezia, San Carlo di Napoli, Regio di Torino, Comunale di Bologna, Carlo Felice di Genova, Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, Serate Musicali e Società dei Concerti di Milano, Unione Musicale di Torino, Amici della Musica di Firenze, Perugia e Palermo, Festival di Asturias, Festival Pianistico di Oviedo, Festival di Ljubljana, Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo (1997 e 1998 per la commemorazione del terzo anniversario della scomparsa di Arturo Benedetti Michelangeli), Rossini Opera Festival di Pesaro, Settembre Musica di Torino, Ravenna Festival (su invito di Riccardo Muti), Panatee Pompeiane, Festival Romaeuropa. Solista con orchestre quali Australian Chamber Orchestra, New Austrian Philharmonic, Sinfonica Nacional de Chile, Accademia di Santa Cecilia, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, è stato diretto, tra gli altri, da Gerd Albrecht, Gustav Khun, Yoel Levi, John Nelson, Gunter Neuhold, Roberto Abbado, Piero Bellugi, Donato Renzetti. Il suo repertorio, vastissimo, spazia da Bach a Messiaen prediligendo le grandi opere del Romanticismo: esegue l' integrale degli Studi Trascendentali di Liszt, degli Studi di Chopin, dei Preludi di Rachmaninov, l'opera omnia pianistica di Brahms (in quattro recital), l'opera completa per pianoforte e orchestra di Beethoven e Liszt. Musicista eclettico e versatile, attratto dalle varie forme di espressione artistica, Paolo Restani è anche protagonista di rilevanti produzioni teatrali (prosa, lirica, danza). È stato invitato da artisti del calibro di Sylvie Guillelme, Laurent Hilaire, Carla Fracci, Enrico Maria Salerno, Monica Bacelli e Michael Nyman (collaborazione, quest'ultima, che ha determinato la realizzazione - in prima italiana - di "The Piano Concerto" per pianoforte e orchestra, tratto dalla colonna sonora del film premio Oscar "Lezioni di Piano" di Jane Campion). Paolo Restani svolge inoltre attività di consulenza culturale ed attività didattica, tenendo masterclasses e corsi di perfezionamento per prestigiose istituzioni.

Giovedì 20 dicembre 2001
BUENOS AIRES NON FINISCE MAI
di Vito Biolchini e Elio Turno Arthemalle
tratto dal romanzo Le irregolari di Massimo Carlotto
con Ottavia Piccolo
regia di Silvano Piccardi
La Contemporanea 83

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Buenos Aires non finisce mai è un testo teatrale ispirato al romanzo-documento Le irregolari (Buenos Aires Horror Tour) di Massimo Carlotto, commissionato all’autore da Ottavia Piccolo.  Buenos Aires non finisce mai tratta essenzialmente una storia di desaparicion, emblematica nell’immensa tragedia che ha segnato l’Argentina a partire dalla fine degli anni 70: un’intera generazione – 30.000 uomini donne e bambini – cancellata per volontà e per mano della giunta militare. Proporre oggi, in Italia, una riflessione e una presa su questo "buco nero" del XX secolo è un gesto civile che riguarda da vicino la nostra società. Il legame di patrie e l’attualità giudiziaria non sono gli unici impulsi da cui muove questa operazione: l’intera società civile deve essere portata a fare i conti con la propria passata disattenzione nei confronti di una tragedia che vede in primo piano non soltanto la responsabilità diretta della giunta militare, ma anche il silenzio consapevole della comunità internazionale, persino la più democratica e garantista, la diretta connivenza di potentati economici, cui si aggiunsero l’incoraggiamento e "l’assoluzione prenotata sul conto" di altri rappresentanti di gerarchie della chiesa cattolica. Il tutto beffardamente coperto dal gioioso clamore mediatico dei mondiali di calcio. A distanza di oltre vent’anni dai tragici avvenimenti, le madri e le nonne di Plaza de Mayo, nella loro pazza e pervicace ricerca di verità e nell’instancabile tentativo di recuperare l’identità dei neonati di allora, "rubati" dai carcerieri e carnefici dei loro genitori, si trovano a dover dimostrare alle autorità, prima ancora che la sparizione dei congiunti, la loro precedente esistenza in vita.

Fuori Abbonamento
Capodanno a Teatro

Lunedì 31 dicembre 2001 - ore 22.30
Martedì 1° gennaio 2002 – ore 17.30

CIN-CI-LÀ
di Carlo Lombardo - musica di Virgilio Ranzato – regia di Corrado Abbati
con Corrado Abbati
Compagnia di Operetta Corrado Abbati

Venerdì 11 gennaio 2002 – Turno A
Sabato 12 gennaio 2002 – Turno B
Domenica 13 gennaio 2002 – Turno C

ALDINO MI CALI UN FILINO?
Florilegio di novelle e poesie di Aldo Palazzeschi
con Paolo Poli
regia di Paolo Poli

Produzioni Teatrali Paolo Poli

 

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
LA TRAMA  Non c'è mai trama ben definita, nelle commedie di Paolo Poli, ma piuttosto un collage giocoso e arguto di personaggi e di parodie. Racconta dunque l'artista: "Il presente spettacolo raduna figure e figurine di diversi periodi, accomunate dalla necessità con cui le guarda l'autore e dall'estro con cui le racconta: la gigantessa, la nana, il gobbo, il ladro, la morfinomane, le porcellone...sembrano scoperte dalla lente dell'entomologo a far da antenati al festoso mondo felliniano. La prosa e i versi di Palazzeschi paiono a volte parodiare il linguaggio parlato e quello delle canzonette. Lo spettacolo in tal modo si articola sulle musiche della prima guerra mondiale, ci trasporta tra le mollezze del lupanare borghese, ci esalta alle impennate del varietà nazionalista, ci intenerisce sul lavoro dei sobri operai, ci incuriosisce sui peccati d'oriente con occhi a mandorla e rievoca infine l'epopea coloniale africana coniugante l'eroismo con l'esotismo".

Sabato 19 gennaio 2002 - Turno A
Domenica 20 gennaio 2002 - Turno B

Giacomo Puccini, la vie de BOHÈME
musica di Giacomo Puccini – coreografie di Serge Manguette
con Oriella Dorella
Balletto di Milano

POSITIVO
Molto bravi tutti i danzatori, precisi, atletici e abbastanza coordinati. I due protagonisti Oriella Dorella e _____ sono stati all'altezza del ruolo principale ed anche le coreografie di Serge Manguette sono molto belle. La musica buona colonna sonora delle arie più famose private della voci.

NEGATIVO
Alla fine dello spettacolo mi viene da chiedermi il perchè di questa realizzazione, l'avere raccolto delle melodie bellissime, private dalle parole che non possiamo evitare ci tornino alla mente mentre le ascoltiamo, ed averle collegate con non si capisce bene quale pretesto rendono l'operazione abbastanza discutibile. Lo stesso spettacolo a mio parere sarebbe stato molto più pertinente se la arie fossero comunque state proposte con la voce originale del cantante e  interpretae con movimenti di danza senza volerle forzatamente ricollegare alla vita di Puccini o ad una ipotetica scuola di danza, farne insomma un balletto fine a se stesso, cioè alla pura danza.
Il personaggio mimo poteva essere Puccini, ma io personalmente me lo sarei immaginato nel suo letto di ospedale con la mente rivolta al passato e con le apparizioni delle sue eroine  oppure pacatamente seduto su di una panchina con lo sguardo perso vero il suo lago di Masaciuccioli, l'apprizione della moglie che per "due volte" deve essere svestita dall'abito rosso per diventare personaggio non è molto carina, le ripetizioni non giovano. Mario Mainino


dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Il Balletto di Milano prosegue con il progetto dedicato al melodramma e, dopo Verdi, vuole rendere omaggio ad un altro grande compositore italiano: Puccini. Nasce così La vie de Bohème, balletto con regia e coreografia di Serge Manguette, che vuole proporre, attraverso un collage di successivi quadri, un susseguirsi di riferimenti artistici del grande compositore. Con Butterfly e Manon, Tosca e soprattutto Mimì, che nell’immaginario collettivo e secondo Sanguette rappresenta l’apice dell’opera pucciniana, nel crescendo musicale che alternerà le celebri arie, saranno rievocate le eroine del grande Maestro, partendo proprio da Bohème.

Mercoledì 23 gennaio 2002 – ore 21.00
ASPECT OF ALICE
(NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE)

spettacolo di Petr Kratochvil e Pavel Marek
regia di Petr Kratochvil e Pavel Marek
Ta Fantastika Black Light Theatre Prague

La storia di Alice nel paese delle meraviglie ce la dobbiamo scordare, il titolo non è che un pretesto, e se osserviamo lo spettacolo senza informazioni sulle intenzioni degli allestitori, ci troviamo di fronte a un primo tempo di sicuro effetto mentre nella seconda parte un ritmo diverso, meno invenzioni, rallentano l'azione e il nudo "integrale" delle due protagoniste, mente il novello "adamo" si tiene i suoi panni, sono una conclusione più che altro esplicativa che non affascinante del passaggio della fanciulla allo stato di donna e di madre.
Potrebbe essere la storia di una delle tante fanciulle che hanno ispirato a Lewis Caroll la scrittura della nota fiaba, e all'inizio il giovane e bel protagonista sembra proprio lo scrittore al suo tavolino che sogna delle sue alunne che invano rincorre e che gli sfuggono nella fantasia e nei sogni. Iniziano a questo punto una serie di affascinanti invenzioni visive, accompagnate da una "ambient music" molto gradevole, i personaggi volano sostenuti da macchine nascoste, i servi di scena nell'oscurità muovono il paesaggio che arriva volando e prende posto, le fiammelle si allontanano volando dal proprio candeliere, due enormi pupazzi accompagnano la giovane Alice (?) ma per chi si ricorda gli spettacoli del Teatro del Buratto questi sono un po poveri; cosi pure l'apparizione dell'acqua sulla musica della Moldava di Smetana, che ricorda in qualche modo i Momix, non regge il confronto. Stupendo invece l'intermezzo dei due clown che tentanto di fare ridere Alice, con il gioco di equilibrismo sull'asta traballante e molto carino l'episodio della danza delle mani blu. Mario Mainino

 

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Il teatro Nero di Praga è attualmente una delle migliori realtà artistiche internazionali, fondato da Petr Kratochvil e Pavel Marek, ha ormai riscosso in tutto il mondo un successo che ne conferma la solidità artistica ed espressiva. L’arte scenica di questa eccezionale compagnia si caratterizza per l’abilità degli artisti di mettere insieme il teatro di figura, da cui proviene Petr Kratochvil, con le apparizioni improvvise dal buio di giganteschi e splendidi pupazzi e clown, giochi di attori, pantomime e clownerie di vario genere. In Aspects of Alice le specifiche possibilità di illusione della compagnia vengono arricchite da una combinazione della tecnica della camera oscura, con la presenza di attori e le proiezioni di un classico film d’animazione, realizzato appositamente per lo spettacolo. Alcuni misteriosi, tranquilli, angoli di zone storiche di Praga diventano all’improvviso stranamente colorati dai sogni di Alice. La bambina della favola di Carroll è cresciuta, è diventata donna, e la sua immaginazione oltrepassa i limiti del tempo e ci fa vivere insieme a lei un’avventura romantica con il re Carlo IV, o possiamo lasciarci sedurre dalla sensuale visione del leggendario golem degli antichi tempi praghesi, o corteggiare una casta novizia o ancora ascoltare una serenata d’amore suonata, chissà, proprio per noi. Lasciamo la realtà e brindiamo con l’immaginario. Ne esce uno spettacolo che "ha la leggerezza di un sogno ad occhi aperti, intriso di magia ed ironia… La parola è sempre inadeguata a descrivere l’emozione suscitata da uno spettacolo che riconsegna agli adulti i freschi sogni dell’infanzia e regala ai bambini novanta minuti d’incantesimo" (Genova, Corriere Mercantile).

Venerdì 25 gennaio 2002 – Turno A
Sabato 26 gennaio 2002 – Turno B
Domenica 27 gennaio 2002 – Turno C

LE FURBERIE DI SCAPINO
di Molière - traduzione di Manlio Santanelli
con Paolo Bonacelli e Gigi Angelillo,
e Cecilia Broggini, Eva Drammis, Stefano Macchi, Cesare Saliu, Luigi Tontoranelli, Marco Vergani
regia di Sergio Fantoni
Teatro di Sardegna/La Contemporanea 83

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Siamo in una città del Mar Mediterraneo, assolata e caotica, centro di commerci e traffici di ogni genere: a ridosso del porto, vicoli, vicoletti, magazzini, taverne, il sole oscurato da una cascata di tende fuori dalle botteghe, di cortili nascosti dove di giorno si fanno affari, si stringono patti, e di notte si amoreggia o si regolano conti in sospeso col coltello. Siamo dunque a Napoli, nei quartieri spagnoli, la Napoli del dopoguerra, povera, violenta, assetata di vita, o in quella della prima felice commedia all’italiana?
In realtà siamo nella Napoli inventata da Molière, romanzesca e realistica quanto basta per costruire una commedia la cui trama risente di Plauto e di Terenzio, ma nella quale la comicità e la ferocia sono moderne, sono, appunto, un impasto molieriano di dolce e di amaro, di allegria e di sarcasmo, di amore e di violenza.
La storia che vorremmo raccontare è la storia d’amore di due giovanissime coppie che casualmente si incontrano e si amano, di due padri ottusi e violenti, ben decisi a far rispettare le regole della famiglia e dell’onorabilità, di un vecchio maneggione, saggio e cinico, che si vendica dei torti subiti dalla vita mettendo in corto circuito i contrasti della commedia classica: è Scapino, uno che deve il soprannome al dono di saper scappare con tempismo eccezionale quando le cose si complicano, maschera e uomo in carne ed ossa secondo le circostanze, vendicativo e feroce di fronte alle ingiustizie,
soprattutto a quelle che investono gli affari di cuore. E poi il gioco; come gli piace giocare e scommettere. Poi c’è il vino…poi… Sull’altare delle sue debolezze ha immolato la possibilità di emergere nella scala sociale del suo mondo. Invecchiando è diventato il punto di riferimento di tutti i giovani del porto. È temuto e rispettato, ma anche guardato con diffidenza dai vecchi perché si caccia sempre in qualche pasticcio al limite del codice.
Alla fine della storia tutti i fulmini e le saette cadranno sulla testa di Scapino, ed egli è abbandonato in una carriola, con la testa fintamente
fasciata, ultima burla, mentre le due famiglie festeggiano la pace ritrovata. Rimasto solo, Scapino inutilmente invoca che gli lascino un posto a tavola.

Giovedì 31 gennaio 2002
PRECISE PAROLE
di Gabriele Vacis e Lella Costa
con Lella Costa
regia di Gabriele Vacis
Irma

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Va detto che Shakespeare è di gran moda, e quindi ci sarà chi penserà alla strizzata d’occhio, alla furbata, all"operazione", ma noi, in realtà, è da un po’ che andiamo in quella direzione, è da qualche anno che giochiamo con Capuleti e Montecchi, e perfino col Dolce Principe, perché, semplicemente, ci riguardano. Raccontano storie nostre, ci spiegano un sacco di robe, e tutto quel giocare con il finto e il falso, l’essere e l’apparire, la memoria e il desiderio…
E allora Otello, che tra l’altro è una tragedia così italiana, non solo per via di Venezia e dei Dogi eccetera. Bizzarro no, che nel paese che ha inventato il delitto d’onore, l’archetipo, il sinonimo quasi, della gelosia, sia d’importazione.
E Desdemona naturalmente. E Jago e Cassio e Barbantio: cioè in pratica tutto ciò che è conflitto, pensiero, problema, dubbio contemporaneo. Uomo/donna, nuovo/vecchio, padre/figlio, nero/bianco, uguale/diverso. Razza, patria, straniero, persuasione, invasione, guerra.Ma anche, forse soprattutto, il vertiginoso potere del linguaggio. Parole e potere. Il mezzo è il messaggio. Il padrone conosce migliaia di parole più degli operai, per questo è il padrone. Le parole sono pietre. Abbiamo pensato di partire dalla tragedia di Otello e provare a raccontarla, e vedere quante storie riusciremo a scoprire e inventare in questo viaggio: quanto lontano riusciremo ad arrivare.Che poi, lontano da dove? Lella Costa – Gabriele Vacis

Sabato 2 febbraio 2002 - Turno A
Domenica 3 febbraio 2002 - Turno B

ALL THE JAZZ
musiche di Col Porter, Duke Ellington e George Gershwin
coreografie di André De La Roche
con André De La Roche
Compagnia Giovani 90

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Il grande Musical presentato in un'antologia da Cole Porter a Duke Ellington, George Gershwin con un omaggio particolare a Bob Fosse in un Happening elettrizzante di Jazz- Tutto in una Notte. 50 giovani artisti: cantanti, ballerini, orchestra di 10 elementi dal vivo, assicurando due ore di grandi emozioni. Spettacolo originale in cui vengono eseguiti i migliori Musicals e Films Musicali di Broadway, alcuni così famosi da essere ormai entrati tra i grandi "classici" della musica, altri meno famosi ma estremamente interessanti, di difficile esecuzione e interpretazione che raramente si ha l' occasione di sentire dal vivo, fuori dal contesto dell'opera di appartenenza.Un omaggio particolare al grande maestro Bob Fosse a cui viene dedicata la seconda parte dello spettacolo con la presentazione di una selezione dei suoi più importanti lavori
La Compagnia "Giovani ‘90", nata nel 1989 e composta da circa 70 giovani (orchestra, corpo di ballo, cantanti solisti e coro), rappresenta un'esperienza originale nel panorama italiano. Nel corso degli anni ha messo in scena vari musicals (Jesus Christ Superstar, Hair, Fame, Cats, Il Re Leone), ha presentato varie rassegne e concerti proponendo brani tratti dai più famosi musicals; ha effettuato una lunga serie di spettacoli musicali, molti dei quali ispirati alla tradizione dei neri d'America Gospels & Spirituals e realizzato numerose tournèes all'estero - tra cui negli Stati Uniti dove da cinque anni è regolarmente invitata dal Consolato italiano di Chicago ad esibirsi in spettacoli negli stati di Illinois e Wisconsin. Si avvale di importanti collaborazioni con grandi nomi della musica e della danza, di un cast di notevoli proporzioni, con musicisti, ballerini e cantanti professionisti provenienti da ogni parte d'ltalia e dagli Stati Uniti. Si presenta rigorosamente dal vivo con un apparato scenico, costumi e luci di grande effetto.

Andrè De La Roche, di origine corso-vietnamita e adozione americana, a soli 8 anni fa parte della "Los Angeles Light Opera" nel cast di The King and I.  Vince poi una borsa di studio triennale aIl' American School of Dance di Los Angeles. A 18 anni è ballerino nel Musical How to succed in business" e in molti spettacoli della tv americana: Lola Falana Show- Diana Ross Show- Can Can - West Sme Story- Ringo Star Special, Sonny & Cher. Nel 1979 il grande maestro del Musical BOB FOSSE lo scrittura come solista in Dancin. Da quel momento inizia una brillante carriera che lo porterà nei maggiori teatri di tutto n mondo, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti, fino ad approdare alla televisione italiana dove sarà ospite, coreografo e ballerino di molti spettacoli di successo quali Fantastico 8, Beato fra le Donne, Champagne, Rose Rosse, Domenica In, ecc. In teatro si esibisce in Faust, Omaggio a Bèjard, Bolero, La Bella e la Bestia, Il Mago di Oz. Con la compagnia "GIOVANI '90" collabora da parecchi anni, creando originali coreografie e interpretando i maggiori ruoli negli spettacoli realizzati tra cui: Jesus Christ Superstar, Jellicle cats come out.., Lion King. Nel musical "ALL THE JAZZ" è coreografo-protagonista e si è ispirato a quella musica Jazz che lo ha reso interprete di grande talento i tutto n mondo.

Lunedì 4 febbraio 2002
LA SERA DELLA PRIMA
di John Cromwell
con Rossella Falk e Anna Lelio
regia di Alberto Terrani
Compagnia Rossella Falk

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara Un’attrice celebre, dopo una lunga assenza dal teatro, la sera della prima del Gabbiano di Cechov, sta per andare in scena nel ruolo che ha sempre desiderato interpretare: Irina Nicolaeva Arkadina. In camerino, con la sua sarta, la tensione la induce a lasciarsi andare a uno sfogo che comprende ricordi, considerazioni sulla vita e sul teatro, invettive contro il mondo e contro se stessa: il bilancio delle vittorie e delle sconfitte di una vita. Il tono è impietoso e sarcastico. Ritornano nelle sue parole le grandezze e le meschinerie del suo mondo e dei personaggi che hanno contato nella sua vita teatrale degli ultimi cinquanta anni. C’è anche del divertimento, ma l’angoscia della fine, rappresentata dal "chi è di scena" che si avvicina inesorabilmente, incombe fin dall’apertura del sipario. Quando essa arriverà, l’Attrice dovrà avviarsi verso le luci della scena: in quel ruolo che lei auspica come coronamento di un sogno, ma che teme come una forzatura, quella che seppellirà ogni possibile sogno.

Venerdì 8 febbraio 2002 – Turno A
Sabato 9 febbraio 2002 – Turno B
Domenica 10 febbraio 2002 – Turno C

FILUMENA MARTURANO
di Eduardo De Filippo con Isa Danieli e Antonio Casagrande Gigi De Luca, Virginia Da Brescia, Mario Salomone, Antonello Cossia Antonio Spadaro, Patrizia   Capacchione, Lucia Nigri, Adriano Mottola Antonella Romano, Gino De Luca
regia di Cristina Pezzoli

Compagnia Gli Ipocriti

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Scritta nel 1946, Filumena Marturano fu messa in scena per la prima volta il 7 novembre dello stesso anno al teatro Politeama di Napoli dalla compagnia De Filippo: protagonista assoluta una intensa e vera Titina De Filippo, per la quale il testo era stato espressamente scritto dal fratello, il grande Eduardo. Tre atti certamente di fantasia, ma al tempo stesso ispirati ad un fatto di cronaca realmente avvenuto come ricordò, a suo tempo, lo stesso Eduardo: "un fattarello piccante ma minuscolo da cui trassi la vicenda ben più vasta e patetica di Filumena, la più cara fra le mie creature".  La storia? Semplice, eppure universale. C’è di mezzo la maternità, ma anche la femminilità che con questa convive; c’è il senso della "rispettabilità", dell’onore del mondo da conquistare, ma anche l’istinto, che è più forte di ogni altra cosa. Una donna, Filumena, una ex prostituta, riesce a farsi sposare, dopo tanti anni di convivenza, da Domenico Soriano fingendosi in punto di morte. Ma non appena salta fuori che non ci sarà nessun decesso e che si è trattato di una semplice messinscena, l’uomo, arrabbiato, non vuole riconoscere la validità del matrimonio ed è intenzionato a chiedere l’annullamento. Sarà in quella occasione allora che Filumena gli rivelerà di avere tre figli, ma che soltanto uno di questi è nato da lui. Eppure non gli dirà mai quale dei tre è suo, né ora né mai perché - secondo una frase divenuta ormai famosa - i figli so’ figli e sono tutti uguali. Dopo la Filumena dimessa, ma dalla voce potente e forte di Titina De Filippo, dopo la creatura dolce di Regina Bianchi, dopo Pupella Maggio e la "lupa" Valeria Moriconi, ora, nell’ambito dei festeggiamenti per il centenario della nascita di Eduardo, toccherà dunque ad Isa Danieli, una delle nostre attrici più passionali ed appassionate, dar vita ad un personaggio di donna e madre che da sempre fa battere il cuore degli spettatori fino a diventare una sorta di archetipo della maternità carica di sensualità, senza mediazioni, autrice di battute - come "E’ figlie so’ figlie"- ormai diventate parte dell’immaginario comune e del lessico quotidiano.

Venerdì 15 febbraio 2002 – Turno A
Sabato 16 febbraio 2002 – Turno B
Domenica 17 febbraio 2002 – Turno C

MADAME DE SADE
di Yukio Mishima
con
Lucilla Morlacchi Madame de Monteuil), Laura Pasetti (Reneè moglie del marchese de Sade e figlia della signora di Montreuil), Elena Ghiaurov Contessa de Saint-Fond, Francesca Inaudi Annè-Prospere sorella di Reneè, Cinzia Spanò Baronessa di Simiane, Olga Rossi Charlotte,
regia di Massimo Castri

Teatro Stabile Torino
Teatro Metastasio Stabile della Toscana

Lucilla Morlacchi
Laura Pasetti

 

Non mi aspettavo tanto da questo spettacolo , non avendo una conoscenza approfondita del testo, mi potevo forse aspettare un contenuto piuttosto spinto, provocatorio e una classica rappresentazione, magari sostenuta ma non altro che un teatro di conversazione Quando il sipario si apre resto subito incantato dalla bellezza della visione un angusto giardino. chiuso tra altri siepi di cipresso illuminato da una sole impietoso e chiaro,tre panchine di sasso, una statua nuda e sensuale di Diana cacciatrice, e tanta, tanta calma,si ascolta solo in lontananza il canto dei grilli e di alcuni uccelli appena appena accennato. Per tutte le tre ore di spettacolo la scena e tutta li. Ma la luce illumina spietatamente gli abiti in forma pre-rivoluzionaria ampi, larghi, luminosi, abiti di un bianco accecante, bianchi come la presunta purezza che voglio esternare, ma che invece coprono desideri innominabili "il fatto" si può evocare che strano giri di parole che parlano del "sole e del suo passaggio ad illuminare prima il ventre poi i glutei di Diana". Questi abiti cambieranno atto dopo atto, nel secondo atto, sei anni dopo, il giardino sarà sparso di secche foglie di acero e di quercia e tutte le donne saranno in costume marrone senza più le bianche parrucche nobiliari, sulla panchina una mela sbocconcellata ed un libro lasciato aperto. Ancora tredici anni e nell'ultimo atto siamo in inverno, c'è tanta neve sui cipressi e a terra. Le donne sono stavolta vestite di nero, i cappelli sono grigi tutto sembra ormai concluso la baronessa di Simiane nel frattempo è diventata suora e viene a confermare l'apertura del convento per accogliere Reneè, moglie del marchese De Sade. Tutto è accaduto o forse non è successo nulla, di fatti infatti non ne vediamo mai, di questi tutto si è svolto nell'intervallo, o prima che si aprisse la scena o durante l'intervallo mentre gli anni passavano, il tempo passava e noi eravamo distolti. Tutto lo abbiamo ascoltato raccontato da queste donne, i fatti non li rivedremo mai, non vedremo mai la felicità, felicità che forse non esiste. In un arco di tempo di 19 anni due donne sono affrontate e sono state un monumento di se stesse Lucilla Morlacchi, la signora di Montreuil, è stata il monumento alla madre e la figlia Reneè monumento alla fedeltà della moglie ma neanche di questo possiamo essere certi. Di nulla esiste la certezza in un mondo di pazzi,  Charlotte la cameriera appare ora vestita a lutto ma anche da dama come le sue padrone, piange la vecchia padrona la signora di Saint-Fond, morta travolta dalla carica che cercava di disperdere il popolo in rivolta a Marsiglia, dove lei era andata a cercare nuove perverse esperienze; travestita da prostituta si concedeva al porto e con le monete ricevute in pagamento si stava confezionando un abito. Dice la signora di Montreuil che se dopo la rivoluzione ognuno potrà fare quello che vorrà, anche follie come quelle erotiche ossessive del marchese De Sade possono essere il passaporto per salvezza uno scampo dalla vendetta dei rivoluzionari contro i nobili e, per quel poco che vale, quello che ha fatto la signora di Montreuil per la salvezza del Marchese, ora le verrà restituito con la protezione esibita dal Marchese uscito dalla prigione e sarà la sua salvezza "chi volete che se la prenda con una vecchia signora?"
Per tutti questi anni ha cercato di allontanare la figlia dal marito,  dopo avere preso coscienza del fatto che la figlia in fondo amava anche le scorrerie sessuali del marito. Aveva allora cambiato atteggiamento e fatto di tutto per allontanarla da lui.  Alla fine dell'opera una figlia (Anne) parte per Venezia con il nuovo marito per raggiungere i suoi palazzi dove forse troverà la salvezza dalla rivoluzione. Reneè la moglie del Marchese De Sade invece si chiuderà in convento e Lei rimarrà sola forse per sempre in questo giardino.

Mario Mainino

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
MADAME DE SADE  di Yukio Mishima
con Lucilla Morlacchi, Laura Pasetti, Elena Ghiaurov
Francesca Inaudi, Cinzia Spanò, Olga Rossi regia di Massimo Castri Teatro Stabile di Torino/Teatro Metastasio Stabile della Toscana  Il giapponese Mishima (1925-1970) è stato scrittore violento e ammirato. Di famiglia aristocratica, ha incarnato lo spirito Samurai come nessun altro. Ne è stato così permeato da assumere atteggiamenti fortemente reazionari che culminarono nell’esibizione continua di sé, e persino della propria morte, celebrata pubblicamente e teatralmente con il rito del hara-hiri, prerogativa del samurai e modello insuperabile di superomismo.  In Madame de Sade, dramma sconvolgente ed enigmatico composto nel 1965 da Yukio Mishima sulla traccia e sulle suggestioni di La vita del marchese de Sade raccontata da Tatsuhiko Shibusawa, sembra accadere ben poco. È stato osservato che, rovesciando Pirandello, siamo di fronte a sei autori che cercano il personaggio. Infatti sono sei gli autori - sei donne -, mentre il personaggio, il marchese de Sade, è contrassegnato da un’assenza - presenza che fa di lui un fantasma enigmatico. Sei donne s’interrogano sul marchese rinchiuso in prigione. In questa  lunga ricerca,
o , per dirla con Mishima, in questo saggio femminile su de Sade, emerge l’incrollabile fede di madame de Sade, Renée, nei confronti del marito e della sua innocenza. Ma ecco l’enigma. Perché mai, tornando a casa libero ma distrutto nel fisico, il marchese si sente dire dalla cameriera che la moglie non vuole e non vorrà più vederlo? Con quest’opera Mishima ha voluto esprimere quanto vi è di più incomprensibile e di più autentico nella natura umana. Il gioco è spietato, ci rimanda all’equilibrio dei pianeti, alle loro distanze immutabili, ma anche alla guerra privata dell’ultimo samurai.

Sabato 23 febbraio 2002 - Turno A
Domenica 24 febbraio 2002 - Turno B

ROCKY HORROR CONCERT SHOW
testi di Fabio Santini - coreografie di Ilaria Pinzauti - regia di Gianni De Simone
Kaspar Hauser Company

Il ricordo del film e di un passata edizione teatrale a Milano, con una compagnia inglese non sono stati sorpassati dalla edizione attuale. Nonostante la buona volontà di tutta la compagnia, lo spettacolo non ha coinvolto in modo particolare, anche se il poco pubblico, di tutte le età, presente alla rappresentazione domenicale ha applaudito. C'erano alcune voci che mi sono abbastanza piaciute, il fidanzatino Brad e il prof.Scott; buono il gruppo strumentale che accompagnava dal vivo, ma gli altri interpreti, per quanto abbastanza scoperti, sia uomini (in tacchi a spillo e calze di rete "smagliate" come da copione) che le donne abbondantemente visibili sul posteriore non erano particolarmente coinvolgenti ne come vocalità ne come danza, poche movenze ripetitive e con coereografia da scuola di aerobica ai primi passi. Il protagonista ha cercato invano di essere corrosivo, ma sembrava un bravo ragazzo che si sforzava di fare il perverso dott. FrankFurter, persino RifRaf e Magenta che sono il deus ex maccina della vicenda non avrebbero impressionato neanche all'asilo. Ben diversi quelli del film per chi se li ricorda. Insomma un pomeriggio con della musica ancora gradevole, ma senza particolari vibrazioni. Mario Mainino

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
ROCKY HORROR CONCERT SHOW
testi di Fabio Santini  coreografie di Ilaria Pinzauti regia di Gianni De Simone Kaspar Hauser Company
Brad e Janet, due ignari fidanzatini trovano rifugio in un castello durante un temporale. Li attende Frank'n'Furter, un alieno diabolico e geniale, che assieme a due inquietanti servitori, condurrà loro e gli altri fantastici personaggi della storia in un crescendo di avventure fanta-erotiche, fino al pirotecnico, catastrofico finale. E' il Rocky Horror Show, il cult-musical firmato Richard O'Brien, il più amato e rappresentato del secolo; il più irriverente, divertente, travolgente e sensuale della storia del rock. Pieno di spunti tratti dai classici letterari e cinematografici, dell'horror, della fantascienza e dell'erotismo, è stato un enorme successo anche sul grande schermo, diretto da Jim Sharman nel 1975 e con un cast che comprendeva Tim Curry, Susan Sarandon e Meat Loaf.
La messa in scena di Kaspar Hauser, ripropone lo spettacolo integralmente dal punto di vista musicale, cercando di riprodurre anche la particolare atmosfera scenica, attraverso i costumi originali, le coreografie, le luci, una recitazione ed una interpretazione tali da far seguire al pubblico la vicenda narrata e da rendere più attraente e coinvolgente lo spettacolo, il tutto supportato da un narratore che rende comprensibile la vicenda .anche a chi non conosce lo spettacolo, coinvolgendolo e rendendolo partecipe del Convegno Annuale Transylvano.
Una rappresentazione di grande energia, non dimenticando l’anima rock che pervade lo spettacolo dalla prima alI'ultima nota, con più di 20 persone sul palco a cantare e ballare insieme al pubblico il Time Warp.
 

Venerdì 1 marzo 2002 – Turno A
Sabato 2 marzo 2002 – Turno B
Domenica 3 marzo 2002 – Turno C

NINOTCHKA
Il fascino discreto di un amore impossibile
di Melchior Lengjel - versione italiana di Luigi Lunari
con Claudia Koll e Alberto Di Stasio
regia di Filippo Crivelli
Plexus T.

Il testo non è uno dei più profondi ne esilaranti, la piece di Lengiel mette in scena un piccolo numero di attori, di cui tre con pochissime battute: la sartina, la principessa, e il crudele commissario (questo realizzato molto bene da Gianluca Machelli).
Si dovrebbe ridere per i due poveri ed incapaci agenti segreti russi, in missione a Parigi, costretti a lasciate la suite imperiale per non farsi sorprendere in lussi e agi che non si dovrebbero permettere. Dovrebbero dormire un una angusta cameretta in soffitta con un solo letto dove dormire a turno, mangiare pane ma "....secco" e bere solo acqua, cosa che ovviamente non fanno perché già conquistati dalla vita parigina e dallo champagne. L'arrivo della austera commissario Ninotchka con dei panini preparati prima della partenza, i suoi commenti sull'appartamento che potrebbe ospitare almeno cinque famiglie, sulla vasca da bagno nella quale non dorme nessuno sono gli elementi comici che dovrebbero farci ridere. In quanto al fascino dell'avvocato Corot, proprio non ho colto come e dove si è espresso infatti è Ninotchka a condurre l'azione e a chiedere suito di esserne corteggiata e ad innamorarsene senza che il tapino non abbia fatto molto per conquistarla. Inoltre anche come trucco di scena, mentre Claudia Koll è veramente molto bella già dal primo atto nei panni del commissario, Alberto Di Stasio nei panni dell'avvocato non è molto avvenente, lo è molto di più fuori scena in abiti normali. Simpaticissimi i due agenti imbranati Ivanov era Riccardo Peroni e lo sciocco Brankov era Alfredo Piano. Regia molto semplice ma non si poteva fare altro con questo testo.
Mario Mainino

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
NINOTCHKA
Il fascino discreto di un amore impossibile di Melchior Lengyel versione italiana di Luigi Lunari con Claudia Koll, Giampiero Bianchi e Riccardo Peroni, Marco Marelli regia di Filippo Crivelli Plexus T.
Pochi titoli possono vantare un albero genealogico altrettanto ricco di nomi e di talenti. Dal racconto di Melchior Lengjel al film di Ernst Lubitsch (universalmente noto per l'interpretazione di Greta Garbo), per giungere alla versione teatrale di Gilbert Sauvajon, uno dei grandi maestri della commedia francese, con la quale ebbe la sua definitiva consacrazione.
La storia è un felice connubio di attualità e universalità, di cronaca e di favole.
Ninotchka è una divertente satira di costume ambientata a Parigi negli anni '30, non molto dopo la rivoluzione sovietica, quando la ville lumière è piena di principi russi sfuggiti alla severa dittatura. E’ qui che una commissione sovietica incaricata di recuperare un 'Raffaello' fuoriuscito, ed impigrita tra le spire della bella vita parigina, si vede minacciata dalla visita di controllo di un commissario del popolo. Il commissario in effetti arriva, intransigente e severo, come ogni commissario sovietico che si rispetti. La sola nota particolare è che si tratta di una donna: Ninotchka appunto, una bella e giovane donna che arde del sacro fuoco dell'impegno politico e sociale, che disprezza i lussi borghesi, e che si indigna di fronte agli sperperi e alle ingiustizie della società decadente. Ma questa società - per quanto ingiusta e decadente - ha anche il suo fascino: soprattutto se ci si trova a Parigi, e se l'antagonista nella diatriba su 'Raffaello' è un elegante e ricco avvocato, che di Ninotchka si innamora e che a poco a poco la accende di femminilità e di gioia di vivere. Fino all'atteso lieto fine: immancabile, ma non di maniera.
Claudia Koll, una delle attrici della nuova generazione, che con il suo fascino e il suo talento ha conquistato il pubblico televisivo e teatrale, è l'eroina di questa favola moderna. Giampiero Bianchi sarà l'elegante e ironico avvocato parigino che conferirà al suo personaggio tutto lo charme necessario. I raffinatissimi costumi e le scene di Alberto Verso contribuiranno a farci rivivere l'atmosfera della Parigi del tempo; la regia è affidata alla mano esperta di Filippo Crivelli.
 

Sabato 9 marzo 2002 - Turno A
Domenica 10 marzo 2002 - Turno B

ULTIMO TANGO
musica di C. Gardel, A. Piazzolla, A. Yupanqui
coreografie di Anibal Pannunzio & Magui Danni
Compagnia Argentina Buenos Aires Tango
Anibal Pannunzio & Magui Danni

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
La Compagnia Buenos Aires Tango di Anibal Pannunzio e Magui Danni porta in scena, con uno stile superbo e trascinante, uno spettacolo che ripercorre le tappe della storia del tango, dalle sue origini, nei locali bui e fumosi dei bassifondi, impregnato di calore, melanconia e rovente passionalità, per approdare all’eleganza, al fasto e al lusso del ballo che conquista Buenos Aires e il mondo intero, transitando per una lunga e rovente parentesi dedicata al folklore dei Gauchi. Il ritmo è scandito dallo straordinario quartetto Luis Rizzo che accompagna dal vivo la compagnia. D
anza della seduzione e della nostalgia, il tango possiede un fascino senza tempo che riempie il cuore degli spettatori di una malinconia languida e sensuale. Le eleganti evoluzioni dei ballerini sulla scena parlano di sentimenti universali quali l'amore e l'odio, la rabbia e la passione, il rimpianto ed il desiderio, ma raccontano anche, attraverso i loro intrecci carichi di tensione erotica, la storia di un ballo nato nei bassifondi dell'Argentina di fine secolo. È indissolubilmente legato alla cultura sud-americana. Le origini del tango si perdono in quell'intricato miscuglio di razze e culture che caratterizzava i sobborghi di Buenos Aires negli ultimi decenni del 1800, quando i numerosi emigranti, arrivati da ogni parte d'Europa, si mescolarono ai porteños (gli abitanti delle zone portuali) e ai gruppi locali di gente povera ed emarginata. Soli e lontani dalla loro terra d'origine, s! ritrovavano la notte a bere nei bar o cercavano sollievo alla loro nostalgia nei bordelli locali. E qui che nasce il tango, prima come danza esclusivamente maschile, sfida di destrezza che riproduce gli incontri consumati agli angoli delle strade o le lotte per il favore di una donna, poi con l'arrivo delle prostitute come danza di coppia dalle movenze esplicitamente erotiche, nell'incontrarsi a volte quasi violento dei corpi dei danzato- ri. Ancora oggi, l'intrecciarsi delle gambe, contrapposto alla rigidità del busto, e lo sguardo fiero e diretto dei tangueros, evocano quel desiderio e quella passione quasi selvaggia che derivano dalla disperata solitudine degli abitanti dei conventillos.

 

Venerdì 15 marzo 2002 – Turno A
Sabato 16 marzo 2002 – Turno B
Domenica 17 marzo 2002 – Turno C

VARIAZIONI ENIGMATICHE
di Eric-Emmanuel Schmitt – traduzione e adattamento di Glauco Mauri
con Glauco Mauri e Roberto Sturno - regia di Glauco Mauri scene e costumi Alessandro Camera
Compagnia Glauco Mauri


 

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Il titolo è ispirato alle cosiddette Variazioni enigmatiche del compositore inglese Edward Elgar (1857-1934): variazioni su una melodia che l’autore diceva molto nota, ma che nessuno è mai riuscito a individuare, una melodia nascosta, inafferrabile, lontana come sono lontane le donne che si sognano, che si amano, che mai si arriva a conoscere. Attorno a questo mistero due uomini si affrontano: un Nobel per la letteratura, che per fuggire gli uomini si è rifugiato in un’isola sperduta nel mare della Norvegia, e un giornalista che con il pretesto di un’intervista mira a stanarlo. Questo il tema del testo più conosciuto di Eric-Emmanuel Schmitt, quarantenne professore di filosofia, oggi forse il principale esponente della drammaturgia francese contemporanea: tema che si sviluppa come in un thriller dei sentimenti, ritmato da emozionanti colpi di scena, in un’alternanza di crudeltà e tenerezza, di ironia feroce e profonda commozione. Grandi attori Alain Delon, Klaus-Maria Brandauer, Donald Sutherland si sono confrontati con questa pièce intelligente e tesa, tutta giocata su una dialettica sferzante e sarcastica: e di sorprendente intensità è l’interpretazione, applauditissima, che ne offrono Glauco Mauri e Roberto Sturno, che con questo allestimento, abbandonando per una volta i prediletti classici, hanno festeggiato nell’ottobre del 2000 i settant’anni del grande capocomico e il ventennale della loro compagnia. Eric-Emmanuel Schmitt è uno degli autori contemporanei di maggior successo sul piano internazionale e di certo, oggi, il più importante esponente della drammaturgia francese. Nato nel 1960, si rivela come scrittore di teatro nel 1994 con Le Visiteur (Il Visitatore), un testo che avrà larghissima fortuna in Francia e all'estero nella versione teatrale e che verrà portato addirittura in televisione. Ottiene, nello stesso anno, ben due Premi Molière, il primo come Rivelazione Teatrale, il secondo come Miglior Autore proprio per Il Visitatore, che a sua volta è premiato come Miglior Spettacolo di Teatro Privato. Ma interessanti sono state anche le prove precedenti a tale testo: va ad esempio ricordato La nuit de Valonge (1991-92), e meritano attenzione i successivi Golden Joe (1994-95) e Milarepa (1996-97). Comunque, una nuova grande conferma in campo teatrale viene proprio da Variazioni enigmatiche, tradotto, rappresentato e applaudito in tutto il mondo e premiato dall'interesse dei grandi protagonisti della scena che lo hanno interpretato: da Alain Delon a Klaus-Maria Brandauer, a Donald Sutherland. 
Ma il mondo di Eric-Emmanuel Schmitt, non si limita al puro teatro: è infatti notevole la sua carriera universitaria. Laureato in filosofia nel 1983, consegue il dottorato del Terzo Ciclo nel 1986 con una tesi sul tema Diderot e la metafisica. Fino al 1994 è impegnato all'Università di Savoia come relatore di filosofia. Una alta preparazione culturale, dunque, e una sensibilità verso il pensiero filosofico, che spesso riconosciamo nei suoi lavori e nel suo stesso originale approccio alla scrittura teatrale: «Credo che un testo non si limiti al piacere e al momento della rappresentazione - afferma infatti l'autore - deve disturbare, sollecitare lo spettatore di questioni e di domande».

Un effetto ottenuto (a giudicare dalle reazioni registrate a ogni replica di Variazioni enigmatiche) grazie a una drammaturgia sottile e affascinante, forte e contemporaneamente delicata, che spesso - come accade per il testo rappresentato al Politeama Rossetti - parte dall'assunto, provocatorio e veicolo di intense induzioni, che «Avere certezze è confortante, ma è necessario perderle».

 

Sembra ieri quando per la prima volta vidi in teatro Glauco Mauri in "Verso Damasco" anno 1979, da allora tantissimi sono stati i personaggi che uno dei più importanti attori che animano la scena teatrale italiana ha impersonato. A Novara al Teatro Coccia Glauco Mauri porterà con la sua compagnia le "VARIAZIONI ENIGMATICHE" di Eric Emmanuel Schmitt di cui ha curato personalmente traduzione e adattamento e regia. Lo spettacolo andrà in scena alle ore 21 venerdì 15 marzo e sabato 16 mentre domenica 17 alle 16. Il titolo è ispirato alle cosiddette Variazioni enigmatiche del compositore inglese Edward Elgar (1857-1934), variazioni su una melodia che l’autore diceva molto nota, ma che nessuno è mai riuscito a individuare, una melodia nascosta, inafferrabile, lontana. Eric-Emmanuel Schmitt, professore di filosofia, è oggi forse il principale esponente della drammaturgia francese contemporanea. Il testo immagina un giornalista che stana un premio Nobel per la letteratura, rifugiatosi in un’isola sperduta nel mare della Norvegia, con il pretesto di un’intervista. Ancora un classico teatro di conversazione dove i due protagonisti Glauco Mauri e Roberto Sturno si affrontano parlando delle donne, dei sogni, dell'amore. Dopo vent'anni di compagnia insieme Glauco Mauri impersona il premio nobel in questa messa in scena cucita come un abito di sartoria sulle sue istrioniche possibilità. Mario Mainino

Edward Elgar  (1857 - 1934)

Pur avendo iniziato precocemente la carriera musicale come violinista, direttore d'orchestra e organista, fu solo a partire dal 1889 che decise di dedicarsi alla composizione con il massimo dell'impegno.  Autodidatta, ebbe già un buon successo nel 1896 con l'oratorio "Lux Christi" ma furono soprattutto le "Variazioni Enigma" (1899) a dargli fama in tutta l'Inghilterra.  Ottenne numerosi riconoscimenti per la sua attività (nel '24 fu acclamato "Master of the Kings Music"), riducendo però moltissimo la produzione negli ultimi 15 anni di vita. Compose numerosi lavori per il teatro, diversi Oratori, 2 Sinfonie, 2 Concerti (uno per violino e uno per violoncello), pezzi organistici e pianistici. Il catalogo di musica da camera comprende un Quartetto per archi, un Quintetto per pianoforte e archi, una Sonata per violino e pianoforte e altre pagine minori. 
http://www.karadar.com/Dizionario/elgar.html

Sabato 23 marzo 2002 - Turno A
Domenica 24 marzo 2002 - Turno B

BENTORNATO VARIETÀ
testi e regia di Sergio Pisapia Fiore – musiche originali di Marco Versari
coreografie di Patricia Sousa Leal
con Sergio Pisapia Fiore, il Centro Nazionale Teatrale
e la partecipazione del Brazil Ballet Show
Centro Nazionale Teatrale Sergio Pisapia Fiore

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Col nome di varietà si suole definire, in Europa e poi nelle Americhe dalla II^ metà dell'ottocento, uno spettacolo composito di "arte varia" in cui si succedono alcuni "numeri" o brevi rappresentazioni di genere diverso, prevalentemente comico-musicale e senza alcun legame o filo conduttore. Il varietà nacque in Italia verso la fine dell'ottocento come punto d'incontro tra il cafè-chantant di derivazione francese e il più antico filone dello spettacolo popolare italiano: la; ; Commedia dell' Arte. Il cafè-chantant vi giunse verso la metà del secolo e ben presto diventò popolare nell' ambiente intellettuale e dell'alta borghesia. Una cronaca così ne descrive l’avvento:  "... venne in Italia e con gli italiani s’intese presto, per una certa strana identità di gusti e di tendenze. Vi capitò durante una famosa crisi politica. La Destra storica, quella di P.S. Mancini e Benedetto Cairoli cedeva il posto alla Sinistra di De Pretis e Nicotera. Nel campo delle lettere giacobineggiava Giosuè Carducci ed a Roma l’editore milanese Sommaruga riuniva intorno a se la Serao, Scarfoglio e la contessa Lara. Nei salotti alla moda si incominciava a parlare del giovane Gabriele D 'Annunzio. Michetti dipinge "Il Voto" e Verdi prepara con Boito le tonanti invettive di Otello... Ma il varietà sembrava non impressionarsi di tutti questi personaggi. S’installò in alcuni locali e promise piaceri, svaghi, distrazioni. Così ben presto parve a tutti che la vita si colorasse di rosa e che l’epoca fosse tanto bella".

Mercoledì 3 aprile 2002
PORTASUDEUROPA
di Maria Pia Daniele
con Bruna Rossi
regia di Stefania Felicioli
Teatro Stabile Torino


Bruna Rossi

 

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Il testo racconta, realisticamente, parte della giornata di una giovane giornalista algerina, nella redazione di un giornale di Algeri ai giorni nostri.  Alla sua quotidiana attività giornalistica, scandita dai brevi pezzi che le vengono commissionati, la giovane affianca quella clandestina, che la impegna nella stesura di un manifesto femminile a difesa della libertà di espressione e del processo di democratizzazione dell’Algeria.  Il ricordo di un passato che l’ha vista cronista di costume (al Festival di Cannes) e una lunga telefonata col fidanzato musicista emigrato a Parigi per sfuggire agli integralisti, fanno emergere tutta la sua solitudine di persona che ha scelto di resistere combattendo una battaglia civile, senza sfuggire alla propria terra: una solitudine eroica, che non scende a compromessi con le lusinghe di una tranquillità occidentale e che culminerà nella sua morte.  Provate a immaginare - scrive Maria Pia Daniele, autrice di numerosi testi di impegno civile - cosa vuol dire, nel 1996 per una donna emancipata, un’intellettuale, che definiremmo con naturalezza "figlia del nostro tempo", vivere in un paese in cui una fazione politica vuole negarle il diritto di esistere, vuole impedirle di lavorare, di esprimere opinioni e perfino di amare liberamente. Khalida è una giornalista algerina, fino a cinque anni prima ha vissuto liberamente in una società multiculturale; ma adesso l’Algeria - porta sud d’Europa, porta istoriata di antiche e multiformi espressioni della cultura laica, e graffiata dalla sapiente dottrina di Averroè -, soffre di un processo di democratizzazione bruscamente interrotto; il paese è incredibilmente risucchiato in una barbarie che stordisce, calato nella dimensione di un tempo precario, quasi astratto.  Per Khalida bloccare gli integralisti è un dovere civile, ma anche una battaglia personale; ferma nella sua identità, adopera le armi della ragione contro la violenza e la prepotenza, la sua strada, di apparente serenità, si fa via via più pericolosa. Condannata dagli aguzzini, Khalida non fugge ma rimane a combattere – scrivendo un’ultima testimonianza – quella che non è una guerra civile, ma una silenziosa e più incisiva battaglia per la civiltà.

Sabato 6 aprile 2002 - Turno A
Domenica 7 aprile 2002 - Turno B
L’ACQUA CHETA
di Augusto Novelli - musica di Giuseppe Pietri
regia di Corrado Abbati
con Corrado Abbati
Compagnia di Operetta

Corrado Abbati

 

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
In casa del vetturino Ulisse, le due figliole lda e Anita con la madre, la sora Rosa, ricamano mentre Cecchino, un giovane falegname lavora ad una riparazione. Anita e Cecchino si vogliono bene e non si vergognano di manifestate il loro affetto. Ida, la schiva e timida sorella minore, sembra da ciò molto infastidita mentre il buffo garzone Stinchi ha capito subito i buoni propositi del falegname e si fa alleato dei due innamorati. Ulisse appena rientrato in casa, è informato da Cecchino del suo sentimento per Anita e sarebbe anche disposto a dare il suo consenso quando interviene sua moglie che liquida il falegname con poche e chiare parole: per sua figlia ha altre ambizioni.  Arriva intanto il nuovo inquilino Alfredo, un giovane a cui la sola Rosa ha affittato una camera. Alfredo sembra un tipo molto distinto ma Anita riconosce in lui lo spasimante di quell'acqua cheta di sua sorella Ida. La sera stessa troviamo i nostri eroi a cenare in giardino. Anita con il suo dolore per l'amore contrastato, Stinchi con il suo fiasco di vino e Ida, tutta ammaliata dalle parole che declama il signorino Alfredo. Anche la sola Rosa è conquistata dai modi gentili di Alfredo che con diverse bugie si fa benvolere. Alfredo però ha addirittura organizzato una fuga con lda, non prima però di aver portato la famiglia alla tradizionale festa della Rificolona. Dopo la festa tutti vanno a dormire ma ecco Alfredo e Ida mettere in atto il loro piano: vogliono fuggire e hanno già noleggiato una carrozza. Mamma Rosa è disperata alla notizia della fuga dei due giovani: che scandalo!. Fortunatamente Cecchino ha ascoltato il colloquio fra Ida e Alfredo e ha potuto riacciuffarli con l’aiuto di Stinchi. Il falegname è un bravo giovane e va ricompensato: avrà la sua Anita. In quanto a Ida, dopo la dovuta ramanzina, potrà sposare Alfredo anche se ancora una volta si rivela saggio l’antico detto "L’acqua cheta rovina i ponti!". Tutti felici dunque e anche Stinchi, che ama il suo fedele fiasco di vino, si consola pensando alle bevute che farà durante il doppio matrimonio. L'Acqua cheta: un pò operetta, un po' commedia musicale, insomma un "nuovo musical italiano". Questo lavoro vive oggi di una "modernità" sorprendente per quella sua attualissima capacità di raccontare in musica non tanto i principi e principesse (come vuole e fa l'operetta diciamo tradizionale), ma una storia che ha assoluta corrispondenza con la vita, con le vicende di tutti giorni, con le novità che esprimono i mutamenti del tempo e che forniscono gli argomenti di discussione più frequenti ed accendono le fantasie della gente. Uno spettacolo, dunque, che rappresenta un fatto dì costume ed un elemento di riflessione sui problemi dell'epoca (siamo negli anni '20) e, a distanza di tempo, ci consente di registrare come spesso gli argomenti di discussione, mantengono intatta la loro attualità. La realtà si fa dunque elemento determinante, ma la vita di tutti i giorni non è priva di desideri, capricci e sogni così come questa "Acqua cheta" firmata da Corrado Abbati dove la voglia di sognare si fa motore dell'adattamento sino al grande lieto fine, con un matrimonio così felice ed elegante, da essere quello che avete sempre desiderato. E poi "i capricci" che Abbati ha disseminato in questo suo nuovo adattamento, dove i cavalli sono quelli bianchi delle giostre capaci di rievocare in un quadro di grande spettacolarità, la gioia di quel divertimento forse infantile, ma tanto vero. Ed ancora, i ricordi di feste popolari (come il palio) che si "materializzano" in scene corali di sicuro effetto emotivo ricreate da curatissime ricostruzioni storico fantastiche affidate ad una girandola di costumi dalle sorprendenti mutazioni cromatiche ed a connotazioni scenografiche studiate con intenti etnografici. Lo spirito dello spettacolo va dunque molto più in là delle vicende descritte, ma non dimentica mai una più attenta analisi delle situazioni e dei sentimenti descritti con tanta intensità dalla musica di Giuseppe Pietri, capace di essere brillante, frizzante ma anche velata di una melanconia, quasi a volerci ricordare che la gioia è racchiusa in parentesi che vanno colte e vissute intensamente perché sono, ohimè, brevi. E quanti uscendo diranno: "peccato che sia finita!"

Venerdì 12 aprile 2002 – Turno A
Sabato 13 aprile 2002 – Turno B
Domenica 14 aprile 2002 – Turno C

ERANO TUTTI MIEI FIGLI
di Arthur Miller - traduzione di Masolino D’Amico
con Umberto Orsini e Giulia Lazzarini
regia di Cesare Lievi
Emilia Romagna Teatro
CTB-Teatro Stabile di Brescia in collaborazione con Teatro Eliseo

dalle Note di Sala Teatro Coccia Comune di Novara
Scritto nel 1947, questo dramma di Arthur Miller contiene un’importante riflessione sulla guerra appena conclusa, delineando la ricaduta personale e di coscienza individuale che il conflitto bellico ha generato in una famiglia medio-borghese: un tema è constatazione amara perennemente attuale, come l’autore stesso sottolinea in un suo commento del 1959: «Oggi posso dire che si trattò di un’opera destinata a un teatro dell’avvenire. Mi rendo conto di quanto sia vaga quest’espressione, ma non riesco troppo bene a definire ciò che intendo. Forse significa un teatro, un’opera destinata a diventar parte della vita dei suoi spettatori un’opera seriamente destinata alla gente comune, e importante sia per la sua vita domestica che per il suo lavoro quotidiano e insieme un’esperienza che allarga la sua consapevolezza dei legami che si collegano al passato e all’avvenire, e che si celano nella vita. La sua "socialità" non consiste nel fatto che essa tratta del delitto di aver venduto materiale difettoso a una nazione in guerra, ma nel fatto che il delitto sia visto come radicato in certi rapporti dell’individuo con la società, e in una certa mentalità che il personaggio del padre impersona, e che, se dominante, può comportare una vita barbarica per tutti noi, indipendentemente dall’altezza dei nostri grattacieli». Per il suo nuovo allestimento Cesare Lievi ha voluto nel ruolo del protagonista un attore di straordinaria finezza e sensibilità quale il grande Umberto Orsini, affiancandogli, in una parte di estrema delicatezza e complessità, l’altrettanto grande Giulia Lazzarini.



   

Per gli altri spettacoli che non sono ne presentati ne commentati per problemi di disponibilità di tempo consultare il sito ufficiale del Teatro Coccia di Novara, grazie (verificare eventuali cambiamenti di date ed orari e costi di accesso)

 

Realizzazione e progetto di Mario Mainino 27029 VIGEVANO (PV) Italia

Aggiornamento del 24/07/2015

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