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Edizione 2011

Premio nazionale di Narrativa Città di Vigevano

Lucio Mastronardi
XII edizione


ingresso gratuito

Rassegna letteraria Città di Vigevano - premio Mastronardi


Un Premio letterario alla memoria di Lucio Mastronardi

La Giuria del premio letterario "Ultima Frontiera" www.premioultimafrontiera.it
 ha deciso quest'anno di assegnare il premio per la sezione "Ombra della Memoria" a Lucio Mastronardi.
Questa sezione del premio vuole dare un riconoscimento a chi, nel Novecento, è riuscito, con la sua opera di artista, a dare un contributo alla crescita culturale del nostro Paese. 
Tra le figure che hanno ricevuto il premio Ombra della Memoria, vi sono Mario Soldati, Luciano Bianciardi, Ottiero Ottieri.


letteratura e non solo

10^ RASSEGNA LETTERARIA

Italia, Italiae

 

Info 0381-70149

 

Vincitore Premio Mastronardi 2011

GIUSEPPE LUPO
L’ultima sposa di Palmira

Non è un caso se lo sguardo in azione nel bel romanzo a “quadri” di Giuseppe Lupo, La sposa di Palmira, è quello di un’antropologa che scende da Milano al Sud: è dal suo punto di vista, dalla prospettiva di chi raccoglie le tracce di mondi sconosciuti o in via di scomparsa, che il lettore entra in luoghi antichi e vivi, arcaici e veri. Anche il terremoto che rischia di farli tacere per sempre è vero.
Il sisma è quello che nel 1980 colpì Basilicata e Campania e Palmira, anche se non compare in nessuna carta geografica, è un paese che ha avuto una vita di affascinante ricchezza. Ne racconta il favoloso passato un falegname, mastro Gerusalemme, depositario di tante storie e abile artigiano che, indefesso, come se nemmeno il terremoto potesse distoglierlo dal suo impegno, continua a intagliare i mobili per l’ultima fanciulla del paese, la sposa di Palmira, appunto.
Ma, forse, anche il suo mestiere non è casuale: è come se Giuseppe Lupo dicesse al lettore che la buona scrittura artigiana ha il compito di raccontarci una civiltà che ha vissuto un’epoca felice e che non è morta davvero finché sopravvive qualcuno che, come il saggio Gerusalemme, ne raccoglie le storie, i personaggi, le leggende. Alberto Arbasino dice che ogni scrittore è, o dovrebbe essere, un antropologo. Giuseppe Lupo, che racconta la sua terra, lo è in modo eccellente ed emozionato.

BARBARA DI GREGORIO,
Le giostre sono per gli scemi

 

È un romanzo di contrasti e di assenze, Le giostre sono per gli scemi, il libro con cui Barbara Di Gregorio ha esordito nella narrativa. Il racconto è imperniato sul rapporto fra due fratelli, o meglio fratellastri, Chicco e Leo. Il primo, più piccolo, vive nel mito del secondo e cerca di ottenere da lui tutto l’affetto e l’attenzione che può. Il secondo vive, a sua volta, coltivando il sogno di rintracciare il padre, gestore di un ottovolante improvvisamente svanito nel nulla. Il tutto in un quadro di squallore e disgregazione familiare che l’autrice, nella prima parte, rende con un linguaggio realistico, soprattutto nei dialoghi fra i componenti di questa sgangherata, ma tutt’altro che inverosimile famiglia. Poi, di colpo, l’autrice cambia registro, imprimendo alla narrazione una svolta fantastica e magica. Superato lo spaesamento iniziale, il lettore progressivamente percepisce che entrambi i registri adottati contribuiscono a definire il contrasto fra quegli uomini che se ne stanno con i piedi ben piantati per terra, ma sono privi di slanci, risucchiati dal grigiore dell’esistenza, e quegli altri che sono eternamente trascinati dal desiderio di salire su una giostra e volare, metafora di un sogno di libertà che mal si concilia con le asprezze della vita. Emerge così, in filigrana, anche il tema dell’incapacità di accettare il diverso, oggetto di gesti di quotidiana intolleranza.

 

AURELIO PICCA
“Se la fortuna è nostra”

Aurelio Picca, con “Se la fortuna è nostra”, ha scritto un romanzo di quelli che si possono definire “necessari”: necessario per lui, per via di una scommessa fatta al proprio nonno di rievocare la sua storia, e nello stesso tempo una scommessa fatta a se stesso, quella di mettere sulla carta un libro che, come ha confessato l’autore, si è scritto per vent’anni sul corpo. Ed è un libro necessario anche per noi lettori, perché racconta una storia “scandalosamente vera”, che narra un’Italia, e al tempo stesso tante Italie, che sembra lontanissima, perduta e passata. Ma che rimane straordinariamente necessaria, vicina, viva. Una Italia apparentemente di altre persone, ma in realtà di tutti noi. Perché tessendo il filo della memoria, dal capostipite della famiglia Arcangelo, al nonno che porta lo stesso nome dell’autore, Aurelio, al padre, perduto giovanissimo, fino all’infanzia dello scrittore stesso, un altro Aurelio, Picca – con una scrittura alta, epica, che non si ruffiana il lettore - salva dall’oblio un mondo arcaico, sanguigno, contadino che non è altro che la gioventù, bellissima e terribile, di questa Italia di oggi. Che per capire cos’è diventata, deve sapere ascoltare cos’era.

FERDINANDO CAMON
“La mia stirpe”

Ferdinando Camon con la sua ultima fatica letteraria, “La mia stirpe”, ha tracciato insieme due mappe: la prima che definisce i confini del mondo che ci sta alle spalle, il mondo – perduto per sempre - della civiltà contadina e delle tradizioni famigliari che l’autore ben conosce e verso il quale manifesta affetto e attaccamento; e la seconda che prova a indicare un possibile percorso verso il mondo che abbiamo davanti, un mondo – che è inevitabilmente il nostro futuro - fatto non più da una sola, ma tante società, un mondo più dilatato, frammentato, meno ingenuo e superstizioso ma più distratto e smarrito. Attraverso più generazioni – quelle che costituiscono la famiglia dell’autore, nonno, padre, figli - tra presente e memoria, tra grande storia e quotidiana attualità, tra un passato che trovava nel sacro e nella terra i suoi primi valori, e una contemporaneità che li cerca nella tecnologia e nel relativismo, Ferdinando Camon ci mette implacabilmente di fronte al “come siamo cambiati”. Ma soprattutto, ci rassicura sul fatto, che anche nello scorrere delle generazioni, la nostra stirpe si rinnova e si perpetua eguale ad ogni nuova nascita.

Premio alla CARRIERA

Due percorsi narrativi paralleli, quelli di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli, tesi ciascuno a raccontare aspetti di una Italia in movimento e mutamento.
In una prospettiva per certi aspetti più privata in Francesco Guccini: con risvolti autobiografici (come nella trilogia Cròniche epafaniche, Vacca d’un cane, Cittànova Blues; e al recente Non so che viso avesse. Storia della mia vita) e di umorosa ambientazione in provincia (i racconti di Icaro), depositati in una lingua di saporosa creatività; come ricorda anche il suo Dizionario del dialetto di Pàvana), e coi toni fattisi negli anni più melanconici.
In uno sguardo indagatore dei risvolti sociali e pubblici, capace di anticipare drammatici mutazioni, negli oltre quaranta titoli tra romanzi e racconti, in Loriano Macchiavelli: che, ricorrendo alla struttura del giallo, e passando da ambientazioni ora cittadine (col sergente Antonio Sarti) e ora appenniniche, ha scandagliato disagi giovanili e sezionato malefatte della politica e deviazioni dei servizi segreti, storture e disfunzioni delle istituzioni e, insomma, le tante piccole, grandi ma spesso sotterranee mafie, purtroppo di sempre tragica attualità, come ricorda la recente ristampa di Sequenze di memoria, un romanzo del 1976 sulle eco-mafie.
Due percorsi narrativi, quelli di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli, che hanno trovato una felice osmosi nell’equilibrio dei rispettivi apporti - più antropologici e linguistici in un caso, più strutturali e socio.politici nell’altro (ma dove è divenuto sempre più difficile il gioco delle attribuzioni) - nei romanzi e nei racconti dedicati sino a ieri alla saga appenninica del maresciallo Santovito ( da Macaronì a Un disco dei Platters, Lo spirito e altri briganti, Tango e gli altri), e, oggi, con Malastagione, al primo tassello di quella, sempre appenninica, del giovane ma “antico” e tenace ispettore della forestale Marco Gherardini, detto Poiana.

Vedi la locandina degli eventi:

Stampa il riepilogo:

 

ARTICOLO SULLA CERIMONIA FINALE e PREMIAZIONE


Libro finalista

 Premio Città di Vigevano:

GIUSEPPE LUPO
L’ultima sposa di Palmira

 

AURELIO PICCA
SE LA FORTUNA E’ NOSTRA

 

FERDINADO CAMON
La mia stirpe

 

Ottobre
2011
Vigevano, dal   al   ottobre 2011, centro storico
1^ settimana  
14 ottobre 2011 Venerdì 14 ottobre 2011_10_14 ore 20.30
Ristorante Torre
Cena d’Autore - Ricette dalle Fiabe Italiane di Italo Calvino
con LINA GROSSI - Letture a cura de IL MOSAICO
Dieci fiabe, dieci regioni, dieci sapori diversi. In essi la tradizione e la cultura popolare, la magia della parola e quella del cibo. Cibo che è la chiave di volta di ogni narrazione: oggetto del desiderio e artificio fatato sospeso tra privazione e ricompensa nell’orizzonte antico e immutabile del mondo contadino.
15 ottobre 2011

2011_10_15 Mastronardi a Vigevano


Sabato 15 ottobre 2011_10_15 dalle 14 alle 19
Piazza Ducale
MARATONA PER LUCIO
120 cittadini leggono il “Calzolaio di Vigevano”

15 ottobre 2011

2011_10_15 Teatro Cagnoni concerto dei gruppi storici vigevanesi


Sabato 15 ottobre 2011_10_15 ore 21
Teatro Cagnoni
CONCERTO TRICOLORE
La Banda musicale di S. Cecilia, il coro I Maestri Cantori e il coro La Vetta, insigniti del titolo di "gruppo di interesse comunale" si esibiranno sul palco del Teatro Cagnoni a chiusura dei festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia.
La banda e i due cori si esibiranno insieme nell'Inno di Mameli per poi eseguire alcune delle canzoni popolari più note dell'800 ed alcuni cori lirici di Giuseppe Verdi.
Ingresso gratuito | Prenotazione allo 0381.82242

16 ottobre 2011 Domenica 16 ottobre 2011_10_16 ore 11.00
Museo della Calzatura
CENERENTOLA CERCASI
Scarpe d’autore per piccole e grandi principesse. Le scarpe da favola in palio sono state gentilmente offerte dal calzaturificio Pepé e dal calzaturificio Cesare Martinoli-Caimar
   
2^ settimana  
La rassegna continua  
21 ottobre 2011 Il XII° premio letterario nazionale “Città di Vigevano” sarà assegnato venerdì 21 ottobre 2011_10_21 alle ore 21, presso il Teatro Cagnoni in corso Vittorio Emanuele II, 45 a Vigevano (Pv)

XII° premio letterario nazionale “CITTÀ DI VIGEVANO”

Proprio per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia il premio alla carriera “Città di Vigevano” sarà eccezionalmente doppio: Francesco Guccini, in veste di scrittore, e Loriano Macchiavelli vengono premiati per il sodalizio letterario che li ha portati in questi anni a scrivere insieme una serie di fortunati romanzi gialli “appenninici” ricchi di incanto e di atmosfera
Sempre di storie italiane trattano i tre romanzi finalisti: Giuseppe Lupo con “L’ultima sposa di Palmira” ( ed. Marsilio); Ferdinando Camon con “La mia stirpe” ( ed. Garzanti) e Aurelio Picca con “Se la fortuna è nostra” ( ed. Rizzoli). Nelle pagine di questi romanzi, tra drammi e gioie famigliari di più generazioni, si ripercorre la storia della nostra nazione.
Menzione speciale opera prima a Barbara Di Gregorio per il suo romanzo “Le giostre sono per gli scemi”.

22 ottobre 2011 Sabato 22 ottobre 2010_11_22
Ore 10.00 | Auditorium San Dionigi
Autori incontrano i lettori i finalisti del premio “Città di Vigevano” dialogano con la giuria popolare. Conduce Laura Lepri.

Ore 11.00 Museo della Calzatura
Calzatura d’autore, per i 150 anni dell’Unità d’Italia consegna ufficiale al museo

In cavallerizza:
• ore 16.30 | “Sanguisughe” Mario Giordano con Paolo Perazzolo
• ore 18.00 | “Dal giallo al rosa – come cambiano le città”
Gianni Biondillo e Piero Colaprico con Gigi Mascheroni
• ore 21.00 | “I moderni apostoli della carità”
Ermanno Paccagnini intervista don Antonio Mazzi
23 ottobre 2011 Domenica 23 ottobre 2011_10_23
In cavallerizza tutti questi incontri:
• ore 15.30 Quasi un secolo. Dodici donne per raccontare dodici città.
Presentazione di Dodecapoli
Racconti di Laura Ricci con fotografie di Ambra Laurenzi
• ore16.30 Storie d’Italia
Andrea Molesini e Paolo Di Paolo con Ermanno Paccagnini
• ore 18.00 Le donne cambiano l’Italia
Nicoletta Sipos, Catherine Spaak e Silvia Vegetti Finzi
24 ottobre 2011 Lunedì 24 ottobre 2011_10_24
Ore 21.00 in Cavallerizza | Licenziare i padreterni
Incontro con Gian Antonio Stella
   
Schede  

Giuseppe Lupo

Nasce ad Atella nel 1963 è uno scrittore e saggista. Si è laureato in Lettere moderne nel 1986, presso l'Università Cattolica di Milano, con una tesi sul poeta-ingegnereLeonardo Sinisgalli. Nel 2002 ha conseguito il dottorato di ricerca in "Critica, teoria e storia della letteratura e delle arti" presso l'Università Cattolica di Milano. Insegna letteratura contemporanea presso le sedi di Brescia e Milano. Predilige il genere del romanzo storico-antropologico con proiezioni epico-picaresche e, sul versante saggistico, le intersezioni tra la letteratura italiana e i linguaggi dell’espressività moderna. Ha pubblicato i saggi: “Sinisgalli e la cultura utopica degli anni Trenta”(Vita e Pensiero 1996; Premio Basilicata 1998); "Poesia come pittura. De Libero e la cultura romana (1930-1940)" (Vita e Pensiero 2002); "Le utopie della ragione. Raffaele Crovi intellettuale e scrittore" (Aliberti 2003); e l'antologia "I secoli dei manifesti. Programmi delle riviste del Novecento" (Aragno 2006). L'elenco completo delle pubblicazioni è alla voce "Pubblicazioni". E' socio della Mod (Società per lo studio della modernità letteraria) e del P.E.N. Club. E' nel comitato editoriale della rivista "Letteratura e Arte". E' consulente presso alcuni editori, collaboratore della pagina culturale di "Vennire",del "Mattino", "Poesia", "l'immaginazione". Fa parte delle seguenti giurie di premi letterari: Premio Giuseppe Berto, Premio Biella Letteratura e Industria, Premio Basilicata. E' inoltre autore dei romanzi "L'americano di Celenne" (Marsilio 2000; Premio Giuseppe Berto 2001, Premio Mondello opera prima 2001, Prix du premier roman 2002); "Ballo ad Agropinto (Marsilio 2004); "La carovana Zanardelli" (Marsilio 2008; Premio Grinzane Cavour Fondazione Carical e Premio Carlo Levi); "L'ultima sposa di Palmira" (Marsilio 2011; Premio Selezione Campiello, Premio Vittorini).


Libro finalista Premio Città di Vigevano:
GIUSEPPE LUPO
L’ultima sposa di Palmira

23 novembre 1980, un terremoto di proporzioni catastrofiche colpisce la Basilicata e la Campania, provocando migliaia di morti, dispersi e senzatetto. Un'antropologa milanese si precipita a Palmira, un centro così minuscolo che non figura nemmeno sulle carte geografiche. Tutto ciò che trova è ridotto in macerie. Solo una falegnameria è rimasta in piedi e dentro, notte e giorno, mastro Gerusalemme fabbrica il mobilio per una sposa, l'ultima del paese. Sulle ante disegna le storie che si tramandano negli anni. I pannelli dei mobili sono l'unica testimonianza che Palmira sia esistita veramente e in essi si compie il destino di ogni uomo.
“Sono arrivata a Palmira verso l’ora di pranzo, dopo che il treno da Milano ha trovato la linea interrotta e mi ha costretta a proseguire a piedi. In carrozza eravamo io e il controllore. Gli ho chiesto informazioni, ma è stato vago: « Dove comincia l’onda di povere, là è il cratere.» Il cratere, per i sismologi, è il territorio fra Basilicata e Irpina più devastato dal terremoto. Prima era una cartolina di paesi, adesso è una necropoli a cielo aperto, un purgatorio senza Dio.

Aurelio Picca

Nasce a Velletri è scrittore, poeta, giornalista e pubblicista.
Esordisce nel 1990 con la raccolta di poesie “Per punizione”, cui sono seguiti i racconti de “La schiuma” (1992) e “I racconti dell'eternità” (1995).
nel 1996 ha pubblicato il romanzo “I mulatti”; da Rizzoli sono usciti “Tuttestelle” (1998), “Bellissima” (1999), “L'esame di Maturità” (2001) e “Sacrocuore” (2003).
Ha pubblicato nel 2006 il romanzo “Via volta della morte”, ambientato ad Urbino, città universitaria e città d'arte, su cui aleggia ancora la misteriosa presenza del Duca Federico di Montefeltro. Pubblicista, collabora a quotidiani: Il Giornale, La Repubblica e periodici: Nuovi argomenti, Max.
E' autore di due cortometraggi su Roma, presentati al Roma film festival: “Elogio delle torri e palio del bianco”, “Roma tanta poca” e ha realizzato l'intervista filmata a Edward Bunker “Asilo infantile”. Tra i suoi scritti per la radio ricordiamo “La velocità” e “I cinque sensi”.
Nel gennaio 2006, a Roma, nell'ambito del “Festival del Racconto” ha presentato sotto forma di reading il poemetto “L'italia è morta, io sono l'Italia”.


Libro finalista Premio Città di Vigevano:
A
URELIO PICCA
SE LA FORTUNA E’ NOSTRA


La vita, la morte, l’eredità, la roba, le regole del sangue. Un mondo posseduto da riti primitivi e passioni inestinguibili, un mondo di uomini dolci come il miele e feroci come animali, attaccati con pelle e unghie alla terra. Questo mondo rivive nella pagine del romanzo che il nonno di Aurelio, incitava l’autore a scrivere, e che è intitolato alla fortuna. Nella fortuna il vecchio aveva sperato per ricostruire il patrimonio, che il capostipite, nonno Arcangelo, aveva dissipato. Aurelio, prossimo alla morte, aveva mostrato al nipote prediletto delle schegge di legno dorato, nella disperata speranza che potessero essere le ali dell’Arcangelo Michele, il protettore del capostipite, e riportare la Famiglia ai vecchi splendori, liberandola dal fato avverso e crudele.
“ Mio padre morì in un soffio sulle candeline dei miei due anni. Con gli occhi sgranati, osservo lo zio Romano. Sono dinanzi a lui, dall’altra parte del tavolo. Il soggiorno è quello della casa del nonno. Alla parete c’è il
ritratto di Garibaldi.... In questo momento, quel bimbo che ero allora lo vedo come una testolina di uccello, le orecchie fragili, le spalle sporgenti sotto il grembiule a quadretti. I pugni stretti al mento.”

Ferdinando Camon

E' nato in un piccolo paese di campagna, in provincia di Padova, presso Montagnara. Aveva dieci anni quando la guerra finì, e dunque fece in tempo a imprimersi nella memoria gli orrori della guerra.
Il primo romanzo “Il quinto stato” uscì in Italia nel 1970 con un'appassionata prefazione di Pier Paolo Pasolini, e fu subito tradotto in Francia per iniziativa di Jean-Paul Sartre. Gli abitanti della campagna (“uomini, angeli, diavoli, animali”) sono i protagonisti del capolavoro di Camon. Nel 1972 pubblica “La vita eterna”, che segue la scia del primo libro. Tra i due romanzi Camon interpose le poesie “Liberare L'animale ( premio Viareggio 1973). Nel 1978 l'opera “Un altare per la madre” vince il Premio Strega e diventa un successo mondiale. Il romanzo è l'elaborazione del lutto da parte dell'artista, per questo ebbe una gestazione lunga, e fu riscritto diciannove volte, anche se la stesura mandata in stampa fu la terza.
I tre romanzi: “Il quinto stato”, “La vita eterna” e “ “Un altare per la madre” furono riuniti nel “Ciclo degli ultimi”, perché con essi Camon si accorse di aver descritto la fine di una civiltà, quella contadina. Oltre alla crisi contadina, Camon prosegue come descrittore di altre crisi: col “Ciclo del terrore” (“Occidente”, “Storia di Sirio”) racconta il terrorismo, e col “Ciclo di famiglia” (“La Malattia chiamata uomo”, “La donna dei fili”) la crisi che porta in analisi.
La particolare funzione che Camon attribuisce alla scrittura (la scrittura è rivelazione, quindi un merito, ma anche un tradimento, e più esattamente una delazione, quindi una colpa) fa si che ogni ciclo romanzesco provochi delle reazioni: per il “ Ciclo degli Ultimi” si interrompe ogni rapporto con i paesi di origine. Alla pubblicazione di “Occidente” fan seguito le reazioni di gruppi terroristici: all'autore viene distrutta l'auto, e per mesi gli vengono recapitate nelle cassette postali delle piccole bare. Inoltre ebbe per lunghi periodi la casa e il telefono controllati.
Col “Canto delle balene” (1989) Camon racconta come la coppia si costruisca attorno ai propri segreti, e come, con la violazione di quei segreti, si dissolva. Ma il libro vuole anche essere una “epigrafe” su una generazione, la generazione dei cinquantenni, un compendio delle sue grandezze e dei suoi deliri: la psicanalisi di massa, il culto dell'India, la mancata rivoluzione, l'invenzione di un nuovo Dio, e la tardiva riscoperta dei sentimenti e del sesso. Nel 1991 esce il romanzo “ Il Super-baby”, storia del parto visto dal nascituro.
Nel 1994 pubblica “ Mai visti sole e luna. Nel 1996 esce “La terra è di tutti” sul tema dello scontro di civiltà che si svolge nelle città occidentali, sotto l'urto delle ondate migratorie dall'Asia e dall'Africa.
Camon ritorna alla campagna e alla poesia nel 1999 con la raccolta “ Dal silenzio delle campagne”.
Nel 2004 esce il breve romanzo “ La cavallina, la ragazza e il diavolo” che finalmente instaura un rapporto felice, gioioso e nostalgico con il mondo della campagna e i suoi abitanti. Nel novembre del 2006 ha riunito in un volume “Tenebre su tenebre” una lunga serie di pensieri, ragionamenti, analisi, ricordi, scritti nel corso degli ultimi 12-15 anni a ridosso delle vicende più importanti della storia e della cronaca: guerre, stragi, processi, omicidi, ecc.
Alla fine del 2009 ha pubblicato: “Figli perduti. La droga discussa con i ragazzi” il testo-base di una lunga conversazione che tiene da vari anni nelle scuole, su incarico del Ministero, sul problema della droga.
Camon scrive regolarmente su giornali italiani: “ La stampa”, “L'unità”, “Avvenire”, i quotidiani delle Venezie del gruppo “ Repubblica-Espresso”, a volte su “Le Monde” (Parigi) e su “La Nacion” ( Buenos Aires). Sposato, ha due figli maschi: il primo Alessandro, vive a Los Angeles, dove produce film, il secondo, Alberto, vive a Bologna, dove insegna Procedura Penale.
 


Libro finalista Premio Città di Vigevano:
FERDINADO CAMON
La mia stirpe


È il racconto dell’immortalità attraverso la specie: il protagonista sente che, quando non ci sarà più. La nipotina che ora tiene in braccio lo farà rinascere, ma sente anche di essere stato presente, prima di nascere, nell’amore dei suoi genitori.
È l’amore del primo Novecento, quando la ragazza temeva di restare incinta per il bacio di un uomo.
Ereditando le vite dei padri, il figlio eredita il dovere di realizzarne le missioni incompiute: vendicarsi per quel che hanno patito nella prima e nella seconda guerra, qui rievocate per squarci fulminei e potenti, e arrivare a un contatto con la più alta istituzione della Terra, custode e garante della verità in cui credono. Ora tocca al figlio.
“ Avete osservato che il telefono, di notte, squilla più forte?
È violento come una minaccia. Vuole che tu corra subito, ha qualcosa di brutto da dirti, e vuole dirtelo adesso. Se poi la notte è quella della domenica, la brutta notizia che ti arriva non può che essere una disgrazia. La domenica è il giorno più pericoloso della settimana. Non ho statistiche sott’occhio, ma sono sicuro che la gente muore di domenica più che in altri giorni. E si ammala di domenica.”

Vedi

 Sito ufficiale del Comune di Vigevano
   

PREMIO ALLA CARRIERA

Loriano Macchiavelli

“ Dico sempre la verità, e se non la dico è perchè me ne dimentico. A volte capita...”
( Da un'intervista di Alessandra Bucchieri, 12 gennaio 2010)

Nasce a Vergato il 12 marzo 1934 è uno scrittore, autore di pièces teatrali, racconti e romanzi polizieschi I più famosi fra i racconti di Macchiavelli raccontano delle indagini di una fra le coppie investigative più originale del giallo italiano, ovvero quella composta da Sarti Antonio, un poliziotto credibile, onesto e tenace, ma non particolarmente dotato nell'arte delle indagini, e Rosas, eterno studente universitario, una mente analitica degna dei polizieschi classici. Di un caso letterario è stato protagonista quando, in periodo di dispregio di lettori ed editori per i giallisti italiani, pubblicò con lo pseudonimo di Jules Quicher, Funerale dopo Ustica 1989 best-seller presentato come scritto da "un esperto di problemi della sicurezza in una famosa multinazionale svizzera" e che affrontava, con gli strumenti della fiction, un evento drammatico della storia italiana, come il poliziesco, sino ad allora non era stato mai legittimato a fare. Lo stesso si può dire del successivo Strage 1990, uscito nel decimo anniversario della tragedia alla stazione di Bologna e subito ritirato dopo la denuncia di uno degli imputati della strage; e di Un triangolo a quattro lati 1992 che completa una ideale innovativa trilogia. Le sue opere teatrali sono state rappresentate da varie compagnie italiane: In caso di calamità, Viva la Patria , Una storia teatrale con prologo tragico e finale comico (1969/70), Ballate e moti rivoluzionari? (1969/70), Hanno dato l'assalto al cielo (1971), Voglio dirvi di un popolo che sfida la morte (1973), I pioli di Bach Dang (1974)), Cinema hurra(1981), Aspettando Altman (1995). Numerosi romanzi sono stati tradotti all'estero. Spesso collabora con Francesco Guccini con cui nel 1997 con il romanzo “Macaronì” ha vinto il Premio Letterario Alassio “Un libro per l'Europa”. Ha pubblicato e pubblica con i maggiori editori italiani: Garzanti, Rizzoli, Mondadori, Einaudi. Assieme a Marcello Fois e Carlo Lucarelli ha fondato il "Gruppo 13" e con Renzo Cremante ha fondato e dirige la Rivista dei Delitti di Carta che si occupa esclusivamente di poliziesco italiano.

PREMIO ALLA CARRIERA

Francesco Guccini



“Ogni opera- sia una canzone, sia una poesia, sia un libro, un romanzo etc.- va per il mondo…e ognuno ha il diritto di interpretarla come vuole. Non è che il pensiero dell’autore sia necessariamente il pensiero giusto; non c’è un pensiero giusto: ci sono vari modi di interpretare una cosa, un pezzo, una frase…”

Nasce il 14 giugno 1940 a Modena, è musicista, cantautore e scrittore tra i più famosi in Italia. A causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale è costretto con la famiglia a rifugiarsi dai nonni paterni a Pavana, sull'appennino pistolese. Dopo la guerra Francesco torna a Modena e finite le scuole lavora come giornalista per la Gazzetta di Modena. Nel 1961 si trasferisce a Bologna per frequentare l'università, dove nasce il mito dell'eterno studente: completa gli esami ma non si laurea. La carriera musicale di Guccini comincia alla fine degli anni '50, quando entra a far parte di gruppi rock. Nel 1961 scrive la sua prima canzone ("L'antisociale"). Negli anni '60 si fa conoscere soprattutto come autore ("Auschwitz" per l'Equipe 84 e "Dio è morto" per i Nomadi) ed è vittima di una censura all'italiana: "Dio è morto", canzone di profonda spiritualità - trasmessa persino da Radio Vaticana - viene censurata dalla RAI, perchè considerata blasfema. Nel 1967 pubblica il suo primo disco, "Folk Beat n. 1", con brani oggi considerati grandi classici come "Noi non ci saremo", "Statale 17" e "In morte di S.F. (Canzone per un'amica)". Francesco Guccini non si è mai lasciato imporre i ritmi dall'industria discografica ma ha sempre inciso se ne aveva voglia e quando sentiva di avere realmente qualcosa da dire. Tappe fondamentali della sua musica possono essere considerati "Radici" del 1972 (con quello che è un po' il suo inno: "La locomotiva", ballata anarchica ispirata a una storia vera del 1893), "Via Paolo Fabbri 43" del 1976 (il cui titolo altro non è che l'indirizzo bolognese di Guccini e con "Piccola storia ignobile", un brano dedicato alle polemiche sull'aborto), "Fra la Via Emilia e il West" del 1984 (registrazione del concerto del 21 Giugno 1984 in Piazza Maggiore a Bologna, (la miglior antologia possibile dei primi vent'anni musicali di Guccini), "Signora Bovary" del 1987 (con canzoni dedicate al padre – "Van Loon" - e alla figlia Teresa – "Culodritto" - forse l'album di Guccini in cui c'è più attenzione per la musica, per una volta non solo sfondo per i testi) e l'amaro e malinconico "Quello che non..." del 1990 (con una splendida canzone d'amore – "Canzone delle domande consuete" - e la bellissima e triste "Cencio", dedicata a un amico della Bocciofila di Modena).
Guccini ama considerarsi un appartenente alla famiglia dei cantastorie dai quali ha ereditato una tecnica raffinata nella costruzione dei versi delle sue canzoni, unica nel suo genere. Politico è il suo modo di raccontare le cose e di poetare, strettamente legato ad una forma dubitativa espressa attraverso una velata ironia, che è una delle sue caratteristiche più interessanti. Non è un caso che Guccini venga studiato nelle scuole come esempio di "poeta" contemporaneo e che gli sia stato conferito nel 1992 il Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale per la sezione "Versi in Musica". Francesco Guccini è anche scrittore: ha esordito nel 1989 con "Croniche Epafaniche", racconto dell'infanzia pavanese, seguito nel 1993 da "Vacca d'un cane", sull'adolescenza a Modena e gli inizi musicali. Nel 1997 poi, insieme a Loriano Macchiavelli, si è cimentato nel giallo, con il romanzo "Macaronì", seguito nel 1998 da un altro giallo scritto ancora con Macchiavelli: "Un disco dei Platters". In mezzo a tutto questo, si trovano anche un curioso dizionario Italiano-Pavanese e la biografia "Un altro giorno è andato". Del 2003 è il libro "Cittanòva blues". L'ultimo libro scritto insieme a Macchiavelli, “Malastagione” è del 2011.

   


le opere più famose di Lucio Mastronardi:

Il calzolaio di Vigevano
Il maestro di Vigevano
Il meridionale di Vigevano

Aggiornamento
del
27/10/2019

 

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