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03/02/2023 10:25
Un ricorso al tar contro la prefettura. Il caso delle dimissioni di massa dei consiglieri comunali di Vigevano, poi non confluito nello scioglimento di giunta e consiglio, assume uno sviluppo che, sebbene atteso, configura una tensione istituzionale a livelli molto alti. Quattro consiglieri comunali di minoranza hanno promosso il ricorso tramite l’avvocato Lorenzo Tamos di Milano. Un ricorso che, nelle scorse ore, è stato notificato anche a quattro consiglieri di maggioranza, in quanto controinteressati. L’amministrazione comunale non è coinvolta. I ricorrenti chiedono, di fatto, lo scioglimento del consiglio comunale con conseguente decadenza di sindaco e giunta e, in attesa del giudizio, di sospenderne ogni attività. A essere contestato è l’atto con cui l’allora prefetto di Pavia, Paola Mannella, aveva annullato tutte le dimissioni presentate all’ufficio protocollo del comune di Vigevano la mattina del 30 novembre scorso. 13 lettere di dimissioni irrevocabili firmate davanti a un notaio, il numero sufficiente a far sciogliere il consiglio comunale. Come è ormai ben noto, la vicenda si dipanò con il ripensamento del capogruppo di Fratelli d’Italia, Riccardo Capelli, il quale prima mandò una pec nottetempo chiedendo all’ufficio protocollo di non accettare documenti che lo riguardassero e poi, in tarda mattinata, firmò dal notaio un secondo documento in cui chiedeva di revocare le dimissioni. Comportamenti che, secondo quanto dichiarato dal prefetto Mannella, indicavano una “manifesta e univoca volontà” di ripensamento. Il documento inviato dalla prefettura per chiudere il caso, inoltre, affermava che la lettera di dimissioni di Capelli era stata depositata ma non protocollata in quanto l’originale era andato smarrito. Una ricostruzione in contraddizione con quanto dichiarato in seguito dalla dirigente comunale Daniela Sacchi, la quale aveva confermato di avere protocollato anche la lettera di dimissioni di Capelli, seppure in copia e non contestualmente alle altre. Nella ricostruzione dei promotori del ricorso, le dimissioni erano da intendere immediatamente efficaci nel momento in cui sono state consegnate al protocollo, secondo quanto previsto dalla legge. L’unico modo in cui Capelli, una volta firmato l’atto dal notaio, avrebbe potuto evitarle, era di togliere la delega alla persona che avrebbe dovuto materialmente consegnarle. Cosa che, però, non ha fatto, o perlomeno non con un atto ufficiale prima che le lettere fossero state appoggiate sul banco dell’ufficio protocollo. Il documento presentato al Tar contiene parole molto dure nei confronti dell’azione della prefettura. Sarà ora compito della giustizia amministrativa stabilire chi ha ragione.