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23/06/2025 23:24
Arnaldo Pomodoro muore a 99 anni. Il suo visionario bronzo abita da anni le piazze e i cortili di Milano. Le sue opere si fanno notare senza mai alzare la voce.
Domenica 22 giugno, all’età di 98 anni, si è spento uno degli artisti che più hanno segnato il volto della città. Ma quelle forme – fratturate, lucide, geometriche – sono ancora lì.
Nel capoluogo lombardo, le sue opere sono parte del paesaggio urbano. Il “Grande Disco” di piazza Meda è diventato un punto di riferimento: enorme, geometrico, scavato come una macchina antica. Nei giardini tra via Manzoni e la Scala, una sfera riflettente spacca la sua perfezione in una frattura centrale. In via Solari, nascosto sotto terra, c’è un labirinto: pareti incise, simboli, luci, percorsi. Non un oggetto da osservare, ma un ambiente da attraversare.
Le sue forme sembrano meccanismi, ma raccontano qualcosa di profondamente umano.
Il suo stile – riconoscibile e insieme mutevole – ha fatto il giro del mondo. Una delle sue Sfere è davanti al Palazzo di Vetro dell’ONU, a New York. Un’altra si trova nel cortile della Farnesina. E poi ancora nei musei, nei campus universitari, negli spazi pubblici da Dublino a Seul, da Roma a Los Angeles.
Nato nel 1926 a Morciano di Romagna, Pomodoro aveva scelto Milano come città d’adozione. Lavorava in una ex officina trasformata in studio, e lì aveva costruito anche la sua fondazione: un luogo di archivio e di progetto.
Le sue opere non sono mai decorative. Sono scrittura. Sono ferite lucide nella superficie delle cose. Sono l’eredità di uno sculture che ha fatto della materia un linguaggio. E della forma, memoria.