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22/07/2025 16:56
Beppe Sala è murato fino al petto, cazzuola in mano e sguardo impassibile. Indossa abiti da muratore d’epoca e tiene una mattonella verde con inciso il simbolo del dollaro. È lui il protagonista di “Milano Murata”, il nuovo murale di aleXsandro Palombo comparso sulla facciata della Galleria d’Arte Moderna. Un’opera spiazzante, che sfrutta una vera nicchia murata dell’edificio per costruire un’illusione ottica ad alto tasso simbolico: il sindaco che si mura da solo, mentre la città è travolta dallo scandalo urbanistico.

Un’inchiesta complessa, che scava nei rapporti tra pubblico e privato, tra uffici tecnici e grandi costruttori. Permessi ottenuti troppo facilmente, cantieri mascherati da ristrutturazioni, maxi edifici spuntati nei cortili: un sistema che avrebbe piegato le regole alla logica della rendita. In questo clima, l’opera di Palombo arriva come una lama visiva che taglia il presente con la forza della satira.

Non è durato però molto: intorno alle 13.30, poche ore dopo la comparsa del murale, sono arrivati i tecnici del Comune per rimuoverlo. Una cancellazione rapida, quasi chirurgica, che ha reso l’intervento artistico ancora più effimero — ma non meno potente nel messaggio.

E anche la scelta del luogo è tutt’altro che casuale: a pochi metri da Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, conservato all’interno della GAM. Da un lato, il popolo che avanza compatto. Dall’altro, un uomo solo che si chiude. Due immagini che si guardano senza parlarsi, separate da cento anni e da una visione opposta della città.

Milano Murata è una riflessione urbana travestita da street art, come tutte le opere dell’artista pioniere di un’arte pubblica dal carattere sociale. Una critica feroce all’isolamento del potere, che nel tentativo di blindarsi finisce per alzare muri. Dentro e fuori Palazzo.