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15/05/2025 22:56
Non è lo sfratto rinviato la vera notizia: quella al Leoncavallo è una storia che si ripete da decenni. Anche questa volta l’ufficiale giudiziario si è presentato al civico 7 di via Watteau, ha trovato lo stabile presidiato – tra dentro e fuori, un centinaio di persone – e ha notificato il rinvio. Il 133esimo dal 1994. Il prossimo appuntamento fissato sul calendario è per il 15 di luglio.
Ma il futuro del centro sociale si gioca altrove. L’associazione “Mamme antifasciste del Leoncavallo” ha manifestato interesse per uno stabile in via San Dionigi, in zona Porto di Mare. Sarebbe quella, secondo l’amministrazione, una possibile soluzione . Ma la strada è tutta in salita: secondo quanto riportato da un quotidiano nazionale, servirebbero circa tre milioni di euro per rendere agibile l’edificio, oggi in condizioni critiche e con tracce di amianto. Nessuno, al momento, sa chi dovrebbe coprire quei costi. Il Comune avrebbe proposto un canone d’affitto da 90 mila euro l’anno, con una concessione dello spazio per 18 anni. Ma la cifra è insostenibile per l’associazione, che senza retorica ammette: il rischio di chiudere per sempre c’è. E fa male, soprattutto a chi in quello spazio ci ha creduto per una vita.


Intanto resta aperta la ferita giudiziaria: una sentenza ha condannato il Ministero dell’Interno a risarcire tre milioni di euro alla famiglia Cabassi, proprietaria dell’immobile, colpevole – secondo i giudici – di aver ignorato per trent’anni l’occupazione. Ora si cerca un compromesso che possa chiudere la partita.