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15/07/2025 15:12
Una retta da oltre 2.300 euro al mese: è questo il prezzo che molte famiglie lombarde si trovano a pagare per un posto in RSA. Una cifra considerata ormai insostenibile dai sindacati, che tornano a chiedere un cambio di passo alla Regione Lombardia.
Con una recente delibera, la Giunta ha deciso di aumentare ulteriormente le risorse destinate al settore sociosanitario, arrivando a una copertura di 200 milioni di euro in più all’anno rispetto al 2020. Una parte significativa di questi fondi è destinata alle Residenze Sanitarie Assistenziali, per sostenere i costi legati ai rinnovi contrattuali degli operatori. Ma secondo Cgil, Cisl e Uil, l’intervento lascia anco ra una volta fuori le famiglie, sempre più schiacciate da spese che crescono senza controllo.
Il nodo principale è il meccanismo di compartecipazione ai costi. In teoria, la normativa nazionale prevede che la retta sia divisa a metà: una quota a carico del sistema sanitario, l’altra delle famiglie. In Lombardia però questa suddivisione non è equa: la quota pubblica resta fissa, mentre quella privata aumenta continuamente, arrivando a coprire decisamente di più del 50 per cento della spesa totale.
Le RSA, pur ricevendo fondi pubblici, non sono vincolate a contenere le rette: un’anomalia che i sindacati chiedono di superare con urgenza, introducendo meccanismi di condizionalità che le obblighino a garantire trasparenza e sostenibilità.
Per CGIL, CISL e UIL, ogni nuovo stanziamento dovrebbe essere legato a tre priorità: bloccare i rincari, migliorare le condizioni del personale e rivedere gli standard assistenziali. Serve una riforma strutturale, non nuovi interventi tampone.