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21/05/2025 17:27
Si aprirà il prossimo 1° luglio davanti al giudice dell’udienza preliminare Roberto Crepaldi, a Milano, una nuova pagina giudiziaria legata al caso di Alessia Pifferi, la donna condannata in primo grado per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di appena 18 mesi. Al centro dell’udienza, però, non ci sarà direttamente la 39enne, bensì una presunta rete di favoreggiamento che, secondo la Procura, avrebbe cercato di manipolare la vicenda processuale per ottenere una perizia psichiatrica favorevole.

Sono sei le persone attualmente coinvolte nel nuovo filone d’indagine – ribattezzato “inchiesta bis” – per cui il pubblico ministero Francesco De Tommasi ha chiesto il rinvio a giudizio. Tra loro, quattro psicologhe (alcune in servizio presso il carcere di San Vittore), l’avvocata Alessia Pontenani e Marco Garbarini, consulente della difesa. Per la settima persona inizialmente iscritta, è stato avviato invece un percorso di messa alla prova, che l’ha esclusa dal procedimento.

Secondo l’accusa, Pifferi sarebbe stata “indirizzata” con l’obiettivo di costruire ad arte una perizia psichiatrica che la ritenesse incapace di intendere e di volere. Negli atti d’indagine, che contano anche numerose intercettazioni e messaggi tra le psicologhe del carcere San Vittore, di cui in esclusiva siamo riusciti a mostrarvene qualche stralcio, emerge in particolare una frase pronunciata dalla stessa Pifferi, che avrebbe fatto riferimento alla conoscenza di “un piano” orchestrato attorno alla sua vicenda.

Le difese – tra cui l’avvocato Mirko Mazzali – si preparano a contestare punto per punto l’impianto accusatorio già a partire dall’udienza preliminare. I legali sostengono che non vi siano elementi concreti per configurare reati di falso o favoreggiamento e che le condotte contestate rientrino nell’ambito del legittimo esercizio della difesa tecnica e dell’attività professionale.