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22/07/2025 16:42
Liliana Barone sia condannata per omicidio volontario, senza alcuna attenuante: questa la richiesta dei pm per la morte di Carlo Gatti, trovato senza vita in un lago di sangue nella sua camera da letto a Canavera di Ruino, nel comune di Colli Verdi, il 4 febbraio dell’anno scorso. Secondo la pubblica accusa il pensionato, allora 89enne e molto malato, sarebbe stato colpito con un oggetto contundente (mai ritrovato ndr) mentre si trovava nel suo letto, dalla nipote oggi 47enne, che viveva con lui e lo aiutava nelle faccende domestiche.
Per lei la pena richiesta dalla pm Valentina Terrile è di 14 anni e 4 mesi di carcere, ovvero in pratica quanto previsto dal codice per il reato di omicidio volontario a cui si applica lo sconto di un terzo per il rito abbreviato chiesto da Barone, tuttora in carcere. Secondo la tesi accusatoria, dopo averlo colpito alla testa attorno a mezzanotte, la donna lo avrebbe lasciato agonizzante sul pavimento fino al mattino successivo, quando ha finalmente chiamato i soccorsi.
La donna tuttavia si è sempre proclamata innocente, parlando di un tragico incidente che sarebbe accaduto a Gatti, anziano e malato, di cui lei non si sarebbe accorta che al mattino. La difesa, condotta dall’avvocato Laura Sforzini, ha evidenziato come l’autopsia avesse escluso ferite mortali alla testa. Sulla ricostruzione della scena del presunto delitto si sono poi confrontati da una parte i carabinieri del Ris, che propendono per l’omicidio, e dall’altra il consulente di parte Dario Redaelli, che ha invece sostenuto la tesi dell’incidente.
Un incidente di cui si sarebbe accorta solo diverse ore dopo perché ritirata nella sua camera sotto l’effetto di alcool e sonniferi. Per questo la difesa ha chiesto l’assoluzione piena dall’accusa di omicidio volontario e in seconda battuta, qualora il giudice ravvisasse qualche responsabilità, di ridefinire la pena in omissione di soccorso.
Si torna in aula il 30 luglio per le repliche, a settembre il giudice Luigi Riganti pronuncerà la sua sentenza.