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30/04/2025 20:20
A Milano, la situazione legata agli arresti domiciliari è ormai al collasso. I braccialetti elettronici, un tempo strumento fondamentale per monitorare i detenuti fuori dal carcere, sono spariti. A metà aprile, i circa 1.200 dispositivi disponibili in Italia sono stati tutti attivati, lasciando un vuoto preoccupante. I giudici milanesi, già alle prese con il sovraffollamento carcerario, si trovano ora a fare i conti con l'impossibilità di applicare le misure alternative.
Dopo Pasqua, almeno quattro indagati sono dovuti rimanere in carcere, nonostante fossero teoricamente eleggibili per i domiciliari. In altri casi, le misure sono state ridotte, ma senza l’ausilio di alcun controllo elettronico. I magistrati si trovano di fronte a una vera e propria impasse: se non ci sono dispositivi, non ci sono alternative. E la frustrazione cresce in tribunale, dove il disallineamento tra le leggi e la realtà dei fatti è sempre più evidente.
Il cuore del problema? Le richieste di braccialetti superano ampiamente le disponibilità. A Milano, una giudice ha dovuto rinviare la decisione per due indagati, uno accusato di spaccio e l'altro di maltrattamenti. L'azienda fornitrice, Fastweb, ha comunicato che, superato il numero limite di attivazioni mensili, le nuove richieste dovranno attendere. Risultato? Una lunga fila di persone che sperano di essere equipaggiate con il dispositivo solo a partire da maggio.
Federico Papa, presidente della Camera Penale di Milano, è diretto: “Se il problema è la carenza di forniture, bisogna stanziare più risorse. Non possiamo far pagare agli indagati il prezzo di un sistema che non funziona per motivi economici.”