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01/09/2025 16:09
Si terrà il prossimo 6 novembre il processo d’appello per l’incendio alla Eredi Bertè di Mortara, avvenuto il 6 settembre del 2017. A quasi otto anni di distanza dal rogo, che distrusse il deposito di via Fermi, c’è ancora dibattito sui cumuli di rifiuti ancora presenti nel sito.
Il tribunale di Pavia ha condannato in primo grado a quattro anni per incendio doloso l’ex titolare Vincenzo Bertè, ritenuto responsabile di aver appiccato volontariamente il rogo. Per l’ex imprenditore è stata disposta anche la pena accessoria di quattro anni di interdizione dall’attività imprenditoriale. Bertè era stato condannato inoltre a risarcire le parti civili, tra cui il Comune di Mortara e l’associazione ambientalista “Futuro sostenibile in Lomellina”.
In un altro filone dell’inchiesta, Bertè era stato condannato a sei anni per bancarotta fraudolenta, traffico illecito di rifiuti legati all’incendio del 6 settembre di otto anni fa, false fatturazioni e riciclaggio. Insieme a lui, il socio Carlo Andrea Biani, condannato a sette anni, e Vincenzo Acrizzi, condannato a due anni e sei mesi.
Le difese hanno fatto quindi ricorso in appello, la cui udienza è fissata per il 6 novembre alle nove e un quarto del mattino presso la Corte d’appello di Milano. “Futuro sostenibile” fa sapere che sarà ancora parte civile nel processo di secondo grado. Ma a far discutere ancora è la mancata bonifica nel deposito Eredi Bertè.
L’associazione ricorda come negli ultimi otto anni abbia sperato che la montagna di rifiuti bruciata all’aria aperta fosse rimossa e conferita nei siti idonei. “Parole e promesse che a tratti hanno acceso la speranza che quell’area così brutalmente sacrificata fosse restituita alla città”, sottolineano gli ambientalisti che si domandano infine, “chi ha appiccato il fuoco è stato condannato, insieme a coloro che l’hanno aiutato. Quanti anni ancora dovranno passare per avere giustizia etica e ambientale?”.