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05/05/2025 16:18
«Uno sconforto che rasenta la disperazione». Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz e senatrice a vita, ha affidato al Corriere della Sera del 29 novembre una delle sue dichiarazioni più dure e lucide sul conflitto in corso in Medio Oriente. Con la consueta forza morale, ha scelto di non tacere, anche di fronte a una tragedia che tocca le radici stesse della sua storia personale.
Nell’intervista, Segre condanna con fermezza tanto il fanatismo di Hamas quanto la condotta dell’attuale governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu. Da un lato definisce «mostruoso» il fanatismo «teocratico e sanguinario» di Hamas, che – sottolinea – «non rappresenta il popolo palestinese» e «non si batte per dare ai palestinesi la possibilità di autodeterminarsi in uno Stato». Un chiarimento fondamentale, in un momento in cui spesso si tende a sovrapporre il terrorismo di Hamas alla popolazione civile di Gaza: «Hamas vuole solo la distruzione di Israele», spiega Segre, e lo stesso vale – aggiunge – per «il regime degli ayatollah iraniani, che strumentalizza i palestinesi per combattere quella che chiama “entità sionista”».
Ma la condanna non risparmia Israele. Se da un lato riconosce che «dopo un trauma come quello del 7 ottobre qualunque governo avrebbe reagito», dall’altro accusa l’esecutivo israeliano di aver travalicato ogni limite della difesa: «La guerra a Gaza ha avuto connotati di ferocia inaccettabili», dice Segre, parlando apertamente di «stragi di civili» e «distruzioni immani». Pur ribadendo che non si può parlare di genocidio, la senatrice parla senza mezzi termini di «atrocità e disumanità» e denuncia «crimini di guerra e contro l’umanità sia da parte di Hamas e della Jihad, sia da parte dell’esercito israeliano».
Il suo giudizio sul governo israeliano è netto: «Sento una profonda repulsione per il governo neta e verso la destra estremista, iper-nazionalista e con componenti fascistoidi e razziste oggi al potere in Israele», racconta la senatrice a vita al Corriere. Parole che colpiscono, proprio perché pronunciate da chi ha sempre difeso con determinazione il diritto all’esistenza dello Stato ebraico, ma oggi chiede conto delle sue scelte politiche e militari.
Eppure, in mezzo all’orrore e alla polarizzazione, Segre rilancia ancora una volta una prospettiva di pace: quella dei “due popoli, due Stati”. Una visione che sembra sempre più lontana, ma per lei resta l’unica via possibile: «Non esistono altre strade se si vuole liberare israeliani e palestinesi dalla maledizione della guerra»